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Il reportage

"A San Basilio spaccio Gesù"

La sfida di don Antonio Coluccia in questa periferia dimenticata da Dio. Tra droga, banalissimo degrado e sbandati

Simone Canettieri

La missione del prete di strada nella Scampia della Capitale: se salvo un ragazzo, ho già vinto. E dopo 4 anni qui si vede anche la sindaca Raggi. E in vista delle prossime elezioni è buio pesto

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La racconta, e ride. Ma prima con la mano dà una botta all’indietro al suo ciuffo ribelle. Lo fa di frequente. Un vezzo. Un cedimento, forse, alla sua precedente vita. Quando era fidanzato faceva l’operaio, giocava a ramino, fischiava alle donne. “Ecco, sì, era sotto Ferragosto, stavo qui, seduto su un muretto. Un po’ nascosto, stavo scrivendo sul cellulare. Si ferma una bella ragazza, elegante. Vestiti attillati, italiano non perfetto, ma buono. Scende da una Polo celeste. Mi chiede: per caso hai 50 euro di cocaina? Io la guardo. Apro le braccia. E le rispondo di getto: io qui spaccio Gesù Cristo, te lo consiglio. Funziona molto di più. E’ candido ed è gratis. Vuoi provare?”. La ragazza – “di Roma Nord” – dopo poco realizza: ha chiesto la droga a un prete. Seguirà una scena penosa e quasi comica. Si passerà a un lei con suggestione incorporata: ah, mi scusi; ho sbagliato; stavo scherzando; volevo giocare; l’avevo confusa con un mio amico. Buonasera, don. Gas. La giovane se ne andrà subito dopo, coda tra le gambe e naso asciutto, da San Basilio. Samba, per chi è costretto ad abitare qui. Periferia Nord-Est della Capitale, Rebibbia come punto di riferimento e monito più vicino. Ventiseimila persone, il pil procapite più basso dell’Urbe: meno di 20mila euro all’anno. Reddito di cittadinanza come se piovesse.  Questo apologo racconta il contagio. I borgatari che spingono la roba per sognare di diventare come i “pariolini di 18 anni” che vengono qui a comprare la merce. “Tutto molto semplice, purtroppo”.

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La racconta, e ride. Ma prima con la mano dà una botta all’indietro al suo ciuffo ribelle. Lo fa di frequente. Un vezzo. Un cedimento, forse, alla sua precedente vita. Quando era fidanzato faceva l’operaio, giocava a ramino, fischiava alle donne. “Ecco, sì, era sotto Ferragosto, stavo qui, seduto su un muretto. Un po’ nascosto, stavo scrivendo sul cellulare. Si ferma una bella ragazza, elegante. Vestiti attillati, italiano non perfetto, ma buono. Scende da una Polo celeste. Mi chiede: per caso hai 50 euro di cocaina? Io la guardo. Apro le braccia. E le rispondo di getto: io qui spaccio Gesù Cristo, te lo consiglio. Funziona molto di più. E’ candido ed è gratis. Vuoi provare?”. La ragazza – “di Roma Nord” – dopo poco realizza: ha chiesto la droga a un prete. Seguirà una scena penosa e quasi comica. Si passerà a un lei con suggestione incorporata: ah, mi scusi; ho sbagliato; stavo scherzando; volevo giocare; l’avevo confusa con un mio amico. Buonasera, don. Gas. La giovane se ne andrà subito dopo, coda tra le gambe e naso asciutto, da San Basilio. Samba, per chi è costretto ad abitare qui. Periferia Nord-Est della Capitale, Rebibbia come punto di riferimento e monito più vicino. Ventiseimila persone, il pil procapite più basso dell’Urbe: meno di 20mila euro all’anno. Reddito di cittadinanza come se piovesse.  Questo apologo racconta il contagio. I borgatari che spingono la roba per sognare di diventare come i “pariolini di 18 anni” che vengono qui a comprare la merce. “Tutto molto semplice, purtroppo”.

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Don Antonio Coluccia, da Specchia nel Salento, adesso si fa serio. E’ sempre seduto su quel muretto, in via Carlo Tranfo. Ora però la storia che ha appena raccontato non potrebbe ripetersi. In questa piazza di spaccio – che fattura circa 22mila euro al giorno, con picchi di 100mila nel fine settimana – questa notte non si lavora. Almeno fino a quando ci saranno loro: le guardie. Intorno al prete ci sono quattordici tra auto della polizia, vigili urbani, macchine in borghese e un blindato. Lampeggianti. E’ un dispositivo speciale voluto dalla questura e dal Comune da qualche settimana. Mancherebbero solo le telecamere affamate di qualche talk sulle Scampie d’Italia, poi saremmo davvero tutti. Almeno questa è andata bene. Il servizio è straordinario, come da protocollo, ma non cambierà il destino di questa via. E nemmeno di questo quadrante così scalcagnato e condannato. E nemmeno di tutti quelli che adesso, mentre questo prete dal profilo attoriale francese sta per imbracciare il megafono, sono affacciati alle finestre. Alveari incastrati nei palazzi. Otto in tutto, disposti a ferro di cavallo. Per dare sicurezza a chi gestisce, conta e vende. “Ao, quella è Valentina, la tossica. Sta aspettando che ce ne andiamo, fa il palo: se becca 100 euro al giorno, turni da otto ore. Ormai sono sindacalizzati pure loro”, racconta un investigatore molto calato nel contesto: tatuaggi, bicipiti per nulla timidi, mascherina camouflage, sigarette a flusso continuo. Si sta per ripetere un piccolo rito religioso, ma anche molto laico. Questo prete di 45 anni, alto e slanciato, vuole iniziare la sua particolare omelia rivolta agli invisibili che ci sono, ma non si palesano. Ai ragazzi, soprattutto. “Non abbiate paura, sono giovani come voi e sono qui per voi, per garantire la sicurezza. Sono lo stato. Le nostre forze dell’ordine. Diceva il profeta Ezechiele a proposito del malvagio…”.  Ci sono passione e vocazione, va bene. Ma poco ascolto. Parole metalliche nella notte. Interrotte a un certo punto da un urlo: “Ah, scemo e vatteneeeeee!”. Lui continua, forse non se ne accorge. “Se riesco a togliere un ragazzo da qui, dalla strada, ho vinto”.


Però bisogna essere realisti: qui servirebbe un miracolo, non crede? “Per quelli ci attrezziamo sempre, ma preferisco non stare con le mani in tasca”. Tutto chiaro: prete di strada, pantheon con don Lorenzo Milani e don Primo Mazzolari. Ma bisogna essere pratici. Se non ci fossero le auto della polizia, qui in via Tranfo, a San Basilio, adesso sarebbe buio pesto come sempre. Chi tutto organizza e gestisce, appena l’Acea e il Comune riattaccano la luce dei lampioni, va alle centraline e fa saltare la corrente. Almeno “con il favore delle tenebre”, gli affari possono filare lisci. Lockdown e perenne fase 1. “Vedremo chi è più tignoso – riprende don Antonio – tutte le volte che fanno saltare i lampioni, chiamo il Comune e riportiamo la corrente”.  In effetti questa storia delle lampadine bruciate è molto sentita tra i residenti. Poi ci sono i rifiuti. Ovunque. Specie lungo i bordi della strada. Ecco, almeno in questo c’è una parità sociale con il resto di Roma. La livella della monnezza. Sacchi, televisioni, sedie. Tante sedie. Perché? “L’Ama qui non passa perché ha paura, gli operatori sono minacciati dagli spacciatori. Da poco abbiamo attivato il servizio, ma dobbiamo scortarli”, racconta un altro poliziotto di Napoli. D’altronde questa è un’altra Scampia. Ma senza Ciro e Genny. “Via Tranfo è in mano al clan Pupillo, via Corinaldo è gestita dai Marando, parliamo sempre di ‘ndragheta. A Samba è fortissima, a Torbella c’è la camorra, invece”, mette a verbale Emilio Orlando, cronista di nera, un passato a Repubblica Roma e ora a Leggo. Passa le sue nottate qui. Con i poliziotti. E da qualche settimana con “il Don”, come lo chiamano  gli agenti. Che aggiungono: “E’ forte, è matto”. Con  un secchiello vuole svuotare l’oceano bianco di silenzio che scorre lento da queste parti. Illuso?

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In via Tranfo – da cui tra poco ci muoveremo per una cosa mai vista – intanto  si consumano altre due storie. E’ quasi mezzanotte. La predica al megafono ha smosso le coscienze di un residente. E’ sceso in strada. Vuole parlare con il prete. Gli dice che ha ragione. Ma i problemi sono altri. Più di questi?  L’uomo – Mario, ovviamente –  si lamenta per la situazione delle case popolari occupate. Tante, troppe, ovunque. Del Comune e della Regione che fanno poco e nulla. Periodicamente avviene una sanatoria che salva gli occupanti, possono rimanere dentro (magari se ne ricorderanno al momento delle elezioni, magari no). Senza paura di essere sfrattati, cosa che, a dirla tutta, succede di rado. E’ pericoloso, e spunta sempre fuori una zia malata o una ragazza incinta. Se poi la casa è assegnata agli immigrati, ecco di nuovo le telecamere, l’estremissima destra puzzona che soffia. Come accadde nel dicembre del 2016. “Qui non vogliamo i negri, tornate a casa con il gommone”, furono le urla nerborute che impedirono a una coppia di marocchini con tre bambini di prendere possesso dei locali. “Per motivi di ordine pubblico, gli aventi diritto hanno dovuto rinunciare ed essere spostati in un’altra località”, come da comunicato stampa del Campidoglio.


Nel dubbio, succedono di frequente anche le occupazioni delle occupazioni: una famiglia si assenta qualche giorno da casa, ritorna e trova la serratura cambiata con dentro altre persone. Diecimila euro per il nuovo subentro o ciao. “Un problema, un altro problema. Ma prima c’è una questione di legalità e di presenza dello stato generale. Hanno tutti ragione, hanno tutti torto”, ripete il sacerdote.  Ma la storia qui ormai si è sedimentata. “La rivolta di San Basilio, come da titolo de Il Messaggero del 1974, nacque proprio dalla sommossa degli abitanti della zona contro la polizia per entrare negli agognati sessanta metri quadrati con balconcino a prezzo calmierato.


Ma c’è anche un’altra cosa da osservare e da segnarsi. Ai numeri civici 30 e 32 di questa via sono arrivati i sigilli a un negozio del Comune, al pian terreno. Era diventato la base operativa del clan. Porte blindate, una fessura per gli scambi. Uno store Amazon senza commessi. O almeno invisibili. Tutte le volte che la polizia applicava i sigilli – blitz, sirene e arresti – dopo qualche giorno si ricominciava daccapo. Con pazienza e metodo. Alla fine il prete, questo prete che qui in mezzo stona perché diverso dal resto del presepe, lo ha saputo e ci si è messo di buzzo buono. Presidia lui i locali. E con lui la polizia. Visto che è sotto scorta. Della faccenda è stata avvisata anche la proprietaria delle mura: Virginia Raggi. Non sapeva nulla di questo andazzo. Si è indignata. Poi si è impegnata. E adesso qui nascerà una palestra per i ragazzi del quartiere. Boxe o addirittura Arti marziali miste (Mme)? C’è da preoccuparsi?  “No, è il mio sogno: portare i giovani a fare sport”, dice ancora Don Antonio. E fa quasi tenerezza. Siamo davvero alle piccole cose belle. Ammesso che accadranno. E quindi ecco l’utopia, la speranza, la fede. “Daje, ragazzi si parte”, annuncia il responsabile inviato qui dalla questura.  

 

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Da via Tranfo parte una carovana di auto della polizia. Una processione silenziosa. Le macchine vanno a passo d’uomo, gli agenti camminano guardandosi intorno. Tra loro, in mezzo, c’è questa abito talare molleggiato. Cammina e saluta tutte le persone che incontra. “Buonasera”. “Come va?” “State bene?”. “Che si dice?”. I più educati contraccambiano. E’ un gruppo di ragazzini che ha portato un divano di pelle gialla di sotto. E sta giocando a darsi le spinte. Quattro ragazze che aspettano e intanto chiacchierano ad alta voce gli chiedono “quando tornerà la luce”. E allora qui è semplice tirare fuori Pier Paolo Pasolini, ma anche Claudio Caligari, Walter Siti e tutto quell’armamentario di chi ha raccontato, ha provato a capire, ha squarciato veli. Roba dimenticata. Sono storie che nessuno conosce e che poco interessano. Meglio passeggiare. La questura ha deciso che d’ora in poi ci saranno almeno 30 poliziotti al giorno qui a San Basilio per questo tipo di servizio sul territorio. Tra i rifiuti che zampillano dai secchioni (forse c’era Luigi Petroselli sindaco l’ultima volta che sono stati svuotati) i topi che ballano e qualche motorino smarmittato c’è il rischio concreto che la situazione possa imbastardirsi ancora di più. L’autunno nero della crisi e la criminalità che se la ride non rientrano solo nelle interviste al ministro dell’Interno. Sono scenari reali. Forse già in essere. Ecco perché c’è molta attenzione. “Là ci sono gli zingari delle giostre, ma sono tranquilli, al massimo qualche furtarello, ma sono innocui”, è ancora il resoconto itinerante degli investigatori. Nota a margine: tutte le forze dell’ordine contattate, alla domanda chi vorreste sindaco rispondono: qui serve un prefetto.

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Le San Basilio di Roma sono tante, troppe.  Ma nessuna è come questa. Se si cercano nomi, storie e fatti c’è l’imbarazzo della scelta. In via Corinaldo, a due passi dal “bar della coltellata”, c’è anche un murale con la mascotte di Italia 90. A sinistra si scende nella buca. Altra piazza, ora chiusa, dove alla scala V si faceva business da dietro una porta blindata (e vetri oscurati) con fessura incorporata.  In via Corinaldo, Valerio Del Grosso e Paolo Pirino una volta rimediarono “un paio di sganassoni”: sono i ragazzi, della vicina Torraccia, finiti in carcere per l’omicidio di Luca Sacchi, una storia di droga finita nel sangue nel 2019. La mascotte di Italia 90, così evocativa di notti magiche nanniniane, merita un foto. “Ao, non me riprende”, è l’invito (giusto) di una comitiva di ragazzi, seppur per nulla calcolati. “Eh, purtroppo qui è tutto fermo agli anni 90, ma si arriva anche agli anni 80 con il murale della lupa giallorossa”, sospira, gentile, un’anziana che ha appena trovato parcheggio con il marito. Intanto la processione del Cristo poliziotto si è un attimo fermata. E camminando sotto a questi palazzi scoloriti e sgarrupati c’è davvero poca gente. Possibile? Sono gli effetti dello stato? In compenso, ai bordi della via, a destra e sinistra, ecco le Porsche Cayenne, i Suv, le Classi D della Mercedes. Un concessionario non denunciato nel 740, si immagina. “Ci sono tante persone che si alzano la mattina, lavorano e vanno a letto. E nel dubbio si fanno i fatti loro. C’è un pezzo di quartiere onesto,  chi può se ne va da qui, questo sì. Inutile essere ipocriti”, è la chiosa del Don. Lo scenario è lunare. E alla fine viene spontaneo: ma perché è qui questo ex operaio leccese di una fabbrica di calzature?


“Lavoravo, ero fidanzato con una ragazza da sette anni. Facevo volontariato, questo sì. E nel ’96 andai a Valona, in Albania, dove incontrai un sacerdote. Che mi disse: Dio ti sta chiamando”. E lei? “Mi girai dall’altra parte. Forse cerca un altro”. Risata, e scrollata al ciuffo. “A 30 anni suonati inizio così questo percorso, il sacerdozio, missionario vocazionista”. Dunque Roma. “Mi mandano a Grottarossa, in periferia, accolgo gli ultimi, vengo minacciato, mi sparano con una pistola a piombini”. La scorta. Arriva l’input: via da Roma, vai a farti le ossa in Sicilia. Mezza rivoluzione dei parrocchiani. Il cardinal Vallini lo fa rimanere. Poi l’incontro con Papa Francesco. Nel frattempo fonda una comunità di recupero sulla Giustiniana. Dove un ragazzo di San Basilio – “salvato” – gli racconta la storia della sua gente. Ed eccolo qui. A vedersela con Chiappa, Caccola e Magnamerda: come si facevano chiamare i boss locali arrestati nell’ultima operazione del giugno scorso. “Ad agosto l’ultima sparatoria: regolamenti di conti, due colpi esplosi su un uomo di 48 anni. Uno alla testa, l’altro all’addome. Mi devo rassegnare? Cosa devo fare?”.  Inutile ribadire – ancora – che qui però un prete può fare davvero poco. Le istituzioni, la politica? “Ah, sì, una delle ultime piazze di spaccio era chiamata piazza del Pd perché in un gazebo davanti al circolo dem”. Facile immaginare chi avesse più frequentatori.


 Tra un anno si voterà anche qui per il sindaco. L’impressione  è che l’astensione farà il pieno. Finita la rabbia (il M5S nel 2016 qui prese il  38 per cento) potrebbe non esserci niente. Sarà dura anche per la Lega e Fratelli d’Italia, chissà, chiedere e promettere da queste parti. Però intanto c’è l’autoproclamata “sindaca delle periferie”, che ha iniziato a bazzicare questi lembi maledetti di città. Sembra di vederla: esile ed elettrica davanti a questo mostro sociale.  “Qualcosa ha fatto. E gli altri?”, dice Don Antonio di Raggi. Considerata un corpo estraneo, lontano anni luce da chi abita qui. Voci dall’unico bar aperto: “Se aspettiamo Virginia stiamo freschi”. E il problema è proprio questo a forza di aspettare non c’è più niente a San Basilio. Tanto che questa processione notturna non si sa bene dove finirà. E quando.      

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