Benedetto XVI, Joseph Alois Ratzinger (foto LaPresse)

Ascoltare Ratzinger per capire il futuro della chiesa

Claudio Cerasa

Cosa vuole fare la chiesa del Terzo millennio: continuare nella missione che Cristo le ha affidato, che è quella di salvare il mondo, cercando di condurre ed elevare gli uomini alla statura del Vangelo, o abbassare il Vangelo alla statura degli uomini?

Al direttore - “Quando il Figlio dell’Uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra?”. Alla fine, tutto ruota attorno a questa domanda. Domanda che tanto più in occasione del Natale dovrebbe spingere, in primis i cattolici, ad interrogarsi sulla coscienza che ha di sé la chiesa e della sua missione nel mondo, ma anche sul modo in cui essa interpreta la realtà, e di conseguenza sui fini e sui mezzi dell’azione pastorale. Ridotto all’osso il refrain che va per la maggiore è il seguente: le chiacchiere stanno a zero, è con la realtà che dobbiamo fare i conti. E la realtà, come è noto (e non da ieri), è che si è creata una spaccatura profonda tra ciò che la chiesa dice e ciò che una buona fetta di fedeli pensa e (soprattutto) fa. Stante questa situazione, anziché domandarci il perché e il percome si sia arrivati a questo punto dobbiamo riflettere, interrogarci, scrutare i segni dei tempi per capire come parlare all’uomo contemporaneo che dei comandamenti di santa romana chiesa sembra non sapere più cosa farsene. E’ necessario insomma seguire l’evoluzione, il sapersi adattare alla scena cangiante del mondo, saper intercettare, assecondandole, le dinamiche di cambiamento della società.

   

Ma, questo è il punto, sospendendo ogni giudizio sulla realtà. Anche sulla scia di una ben precisa teologia secondo cui il cristiano, laico o ecclesiastico che sia, al pari di Cristo che, incarnandosi, è entrato nella realtà concreta degli uomini, è tenuto a sua volta a vivere nel mondo così com’è, l’analisi si riassume in una semplice presa d’atto: le cose stanno così, inutile stare a cincischiare se i tempi, il mondo e la società siano cambiati in bene o in male. Ciò che conta è che per l’uomo contemporaneo l’asticella della fede è troppo alta (e non certo per colpa sua, che la prima responsabile manco a dirlo è proprio la chiesa). Dal che la domanda se non sia forse il caso di abbassarla un po’, l’asticella, smettendola di caricare sulla vita delle persone già gravate da mille difficoltà fardelli che non possono portare.

 

Ma è proprio qui che sorge il dubbio: siamo proprio sicuri che sia questa la strada da percorrere? Non si corre seriamente il rischio che ciascuno si senta legittimato a vivere come meglio crede, senza alcuna necessità di convertirsi e cambiare vita? Cosa vuole fare la chiesa del Terzo millennio: continuare nella missione che Cristo le ha affidato, che è quella di salvare il mondo, cercando di condurre ed elevare gli uomini alla statura del Vangelo, o abbassare il Vangelo alla statura degli uomini, semplicemente accompagnandoli con discrezione nella loro fatica quotidiana quasi che essere cristiani o no sia, tutto sommato, indifferente ai fini della salvezza? Il Natale che ci accingiamo a celebrare ha un significato ben preciso, sintetizzato in quello che non a caso si chiama Symbolum fidei, il Credo: “Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo”. In teologia ci sono molti modi di definire la salvezza cristiana. Ma nessuno come Clemente Rebora ha saputo racchiudere in poche parole l’immensità di ciò che accadde una notte di duemila anni fa: “Egli, il Bimbo diritto, venuto a rapire quel che c’è di materno nel cuore di pietra dell’uomo, a farlo di plebeo superno, se avvenga che irrompa e prorompa dal segreto dello Spirito Santo, come Figlio, unicamente amato, il conoscimento del Padre”.

Luca Del Pozzo

 

“Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la Fede al centro dell’esperienza. Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la Sinistra e ora con la Destra. Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti. Allora la gente vedrà quel piccolo gregge di credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto”. Lo diceva Joseph Ratzinger il 24 dicembre 1969, nella conclusione del ciclo di lezioni radiofoniche presso la Hessian Rundfunk, ripubblicati nel volume “Faith and the Future”, editore Ignatius Press. Sulla diagnosi aveva ragione, su quelle che sarebbero state le cure per medicare una chiesa malata anche: il futuro della chiesa, disse Joseph Ratzinger in uno dei discorsi, non risiederà in coloro che cercano affannosamente di adattarsi alle mode del momento e di lanciare slogan orecchiabili, ma nei santi, in grado di vedere più lontano degli altri perché rivolti a Dio. Buon Natale.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.