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Ritenere un favore alla Mafia la falsa deposizione di Scarantino, è almeno discutibile

Massimo Bordin

Il favoreggiamento sta non nella operazione in sé, che è per così dire a somma zero, ma nel suo movente

I due ispettori e il funzionario di polizia accusati di avere depistato le indagini sulla strage di via D’Amelio, attraverso la manipolazione del falso pentito Scarantino, sono stati rinviati a giudizio ieri al termine della udienza preliminare di fronte al gip di Caltanissetta. Come aveva richiesto la procura si è aggiunta alla imputazione originaria di concorso in calunnia l’aggravante di favoreggiamento a vantaggio della mafia. Come qui si è già scritto, con questa imputazione cresce per gli imputati l’entità della pena in caso di condanna e si allungano significativamente i termini di prescrizione.

 

La scelta di contestare questa aggravante si presta anche a qualche considerazione sul merito del processo nella impostazione della procura. In termini fattuali, aggettivo sostanzialista assai in voga nelle vicende giudiziarie, ritenere un favore a Cosa nostra, complessivamente intesa, la falsa deposizione di Scarantino, è almeno discutibile. E’ vero che con le sue false dichiarazioni il sedicente pentito aveva di fatto coperto le responsabilità esecutive di alcuni mafiosi delle famiglie Madonia di San Lorenzo e Graviano di Brancaccio, ma l’operazione andava a scapito di un’altra famiglia mafiosa, quella di Villagrazia-Guadagna, alcuni esponenti della quale si sono visti comminare ergastoli per un delitto non commesso.

 

Dunque il favoreggiamento sta non nella operazione in sé, che è per così dire a somma zero, ma nel suo movente: coprire i rapporti che gli inquirenti nisseni ipotizzano fra alcune famiglie mafiose e oscuri ambienti dei servizi deviati che avrebbero partecipato alla preparazione della strage. Il merito del processo sarà questo, più che il concorso in calunnia.

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