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“Siamo per la biodiversità e la protezione della natura, ma i bambini abortiti neanche li vediamo”

Intervista a Emmanuel Sapin, il chirurgo francese che per primo al mondo ha operato un bimbo in grembo

Giulio Meotti

“A fronte di 200 mila aborti all’anno non si poteva più dire la verità, ovvero che fin da subito quel bambino ha una vita propria. Non è stata una liberazione. Dal 1975  non c’è stata  esplosione di gioia. C’è un nesso  tra la legalizzazione dell’aborto e lo stato depressivo delle società”

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Era il 5 giugno 1973 quando alla Domus Medica di Parigi, il genetista scopritore della trisomia 21 Jérôme Lejeune, il chirurgo pediatrico Emmanuel Sapin e l’oncologo Lucien Israël rendono pubblica la “Dichiarazione dei Medici di Parigi”, che riceve l’adesione di diciottomila colleghi. Questo “manifesto dei difensori della vita” sarà poi pubblicato sul Monde. Giù le mani dal concepito, dichiarano i medici. Due anni dopo sarà approvata la legge Simone Veil. Nel 1991, all’ospedale Saint Vincent de Paul di  Parigi, ritroviamo il dottor Sapin, stavolta assieme a Frédéric Bargy e Yann Rouquet, altri due medici. Sono loro a registrare il primo successo di una operazione su un feto per ernia diaframmatica. Nasce una bimba di un chilo e mezzo di nome Alexandra. E’ una prima mondiale. L’idea è che, a fronte di una malformazione, la medicina deve tentare la strada della cura, non dell’eliminazione. Oggi Sapin, direttore della chirurgia pediatrica e neonatale all’Ospedale Universitario di Digione e professore di Chirurgia neonatale a Parigi, continua a difendere la vita di quei bambini. La sua è stata la voce medica più forte contro la revisione della legge che in Francia ha appena esteso il diritto di abortire da dodici a quattordici settimane. 

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Era il 5 giugno 1973 quando alla Domus Medica di Parigi, il genetista scopritore della trisomia 21 Jérôme Lejeune, il chirurgo pediatrico Emmanuel Sapin e l’oncologo Lucien Israël rendono pubblica la “Dichiarazione dei Medici di Parigi”, che riceve l’adesione di diciottomila colleghi. Questo “manifesto dei difensori della vita” sarà poi pubblicato sul Monde. Giù le mani dal concepito, dichiarano i medici. Due anni dopo sarà approvata la legge Simone Veil. Nel 1991, all’ospedale Saint Vincent de Paul di  Parigi, ritroviamo il dottor Sapin, stavolta assieme a Frédéric Bargy e Yann Rouquet, altri due medici. Sono loro a registrare il primo successo di una operazione su un feto per ernia diaframmatica. Nasce una bimba di un chilo e mezzo di nome Alexandra. E’ una prima mondiale. L’idea è che, a fronte di una malformazione, la medicina deve tentare la strada della cura, non dell’eliminazione. Oggi Sapin, direttore della chirurgia pediatrica e neonatale all’Ospedale Universitario di Digione e professore di Chirurgia neonatale a Parigi, continua a difendere la vita di quei bambini. La sua è stata la voce medica più forte contro la revisione della legge che in Francia ha appena esteso il diritto di abortire da dodici a quattordici settimane. 

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In un libro di qualche anno fa, “La condition foetale”, Luc Boltanski spiegava che l’aborto resta controverso perché rivela una contraddizione al cuore del contratto sociale e la natura arbitraria di questa discriminazione è difficile da sopportare. Il non nato va occultato. “La legalizzazione dell’interruzione volontaria della gravidanza del 1975 ha aperto la porta ad accettare di interrompere una vita umana in evoluzione” racconta il dottor Sapin in questa intervista esclusiva al Foglio. “Di fronte al drammatico problema delle donne che hanno perso la vita in aborti clandestini, la risposta non fu di tornare alla fonte del problema nel tentativo di sradicarlo, ma il soluzionismo. Sarebbe stato saggio e logico, politico nel senso nobile del termine, sviluppare un piano sociale per aiutare le donne che hanno dovuto ricorrere all’aborto. Tuttavia, la legge, approvata per evitare il rischio di morte di una donna, ha permesso di rimuovere la vita dall’embrione in grembo. Per non far sentire in colpa le donne che hanno abortito – attualmente più di duecentomila all’anno in Francia – non era più possibile dire la verità: un embrione è un essere umano in via di sviluppo e in possesso di autonomia rispetto alla donna. L’embrione non è una semplice parte del corpo di una donna, ma è, fin dalle prime cellule, un individuo con una vita propria. Anche se non lo vediamo, e se, nelle sue prime fasi, non assomiglia molto al bambino che nascerà, è già un essere umano vivo. Dire il contrario è negare la verità, è una menzogna. Non è né il desiderio dei genitori né il loro sentimento di affetto che fa di lui, o di lei, un essere umano appartenente alla nostra specie. Eppure i progressi nelle tecniche di visualizzazione del feto non lasciano più alcun dubbio su questa umanità. E’ noto che gli eventi vissuti dalla donna in gravidanza influenzano lo sviluppo del feto e il comportamento del bambino e dimostra che la sua vita inizia prima della nascita. E’ scientificamente provato che, prima della nascita, esiste una relazione tra il feto e l’ambiente circostante. Così, alla nascita, lui o lei avrà già acquisito conoscenze che faranno parte della sua storia familiare, oltre a ciò che deriva dal codice genetico unico, tranne nel caso dei gemelli monozigoti. Durante il primo dibattito in Francia sul progetto di legge sulla bioetica, la presentazione da parte dei media ha suggerito che per gli scienziati  l’embrione non è un essere umano e che potrebbe quindi essere oggetto di sperimentazione scientifica. Lejeune, Israël ed io, per combattere questa menzogna, abbiamo pubblicato un editoriale sul Monde, firmato da migliaia di medici”. 

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Da una bugia non può nascere una liberazione,  spiega Sapin. “E’ falso sostenere che fermare una vita sia una soluzione al disagio psicosociale. L’evoluzione della società dal 1975 non è stata un’esplosione di gioia sociale. Al contrario, gli studi sociologici riportano un’evoluzione depressiva della società, con un generale sentimento di svilimento, un aumento di trattamenti antidepressivi e della violenza, oltre a una mancanza di rispetto per le donne. Senza dubbio, le ragioni sono molte, ma non posso fare a meno di notare un nesso causale tra la legalizzazione dell’aborto e lo stato depressivo delle nostre società”. 


L’aborto è così banalizzato e il suo numero in Francia in quarantacinque anni è sempre cresciuto. “Affinché l’aborto fosse accettato, doveva esserci un certificato medico che attestasse che la situazione della donna era compatibile con la richiesta. In seguito, questo ostacolo non è più esistito e la richiesta di aborto ha potuto essere fatta senza motivo medico, perché la donna era il giudice. Da questa possibilità è nato un diritto: il diritto all’aborto. Tuttavia, l’inserimento di un diritto nella legge corrisponde, nella mente delle persone, non all’accettazione di un fatto, ma come un bene in quanto è nella legge. Ma togliere una vita è uccidere e non è un bene! Pertanto, era necessario nascondere il fatto che l’aborto sopprime una vita e negare il valore dell’embrione come persona. Un embrione nelle primissime settimane non ha l’aspetto di un bambino e mostrare un modello embrionale precoce è stato un modo per non farsi impietosire. Attribuire dignità a un essere vivente solo se ha l’aspetto di un essere umano – o anche più tardi, per alcuni, quando è cosciente – permette di far credere che l’aborto sia solo l’interruzione di un processo chiamato gravidanza. L’aborto è, prima di questo, la fine di una vita. Negarlo per non far sentire in colpa chi lo usa è una menzogna che permette all’aborto di diventare parte dell’arsenale contraccettivo. E per la maggior parte delle persone, questa disinformazione si basa sul concetto per cui la legge definisce il bene. Inoltre, attualmente, chi si esprime contro l’aborto è passibile di sanzioni”. 


Sapin ricorda bene quando operò quel primo bambino. “Al di là della sfida scientifica e tecnica che questo rappresentava corrispondeva ad una logica: l’ecografia prenatale permette di vedere il feto e di considerarlo come un paziente non nato. Quindi l’atteggiamento medico dovrebbe valere anche per questo piccolo paziente, anche se è ancora un feto. Quando una situazione non è ancora irreversibile, ma la sua evoluzione spontanea è sufficientemente grave, è nostro dovere intervenire. Questo è l’obiettivo della terapia fetale. E’ stata un’avventura straordinaria, condivisa in team, in comunicazione con i genitori, che è quello che vivo regolarmente nelle consulenze prenatali: questa vita già presente nonostante la sua vulnerabilità! Questo piccolo essere ha una forza che evoca in noi l’emozione!”. 


E’ culturale il problema. “E’ la concreta applicazione dell’ideologia del transumanesimo: l’uomo rifiuta il dono, proveniente dalla natura o da un Altro, e vuole dominare la situazione dall’inizio alla fine, la vita, la malattia, la morte, no chance but choice. Questa filosofia è in marcia, in applicazione, sostenuta da ideologi e mezzi finanziari mostruosi. Così, all’aiuto reciproco per le famiglie che vivono l’arrivo di un bambino disabile si sostituirà un giudizio: ‘Se lo sapevate grazie alla diagnosi prenatale, alla legge che vi autorizzava a farlo, e ai medici che vi spingevano a farlo, avreste potuto, avreste dovuto ricorrere a un aborto e dal momento che hai scelto di tenere questo bambino, è colpa tua, ne sopporterai le conseguenze’. Lo sguardo compassionevole si trasforma ora in giudizio: ‘Non sei più da compatire ma sei responsabile di ciò che ti succede!’. ‘Non è compito della società finanziare il vostro errore!’. E’ una caricatura ma corrisponde a una maniera diffusa di pensare. Oltre a lasciare poco spazio all’aiuto reciproco e all’ascolto degli altri, fa parte di un approccio eugenetico, come aveva profetizzato Lejeune e come ha visto Didier Sicard”. 

 

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La ricerca del bambino perfetto diventa un’esigenza: “Un prodotto la cui qualità è garantita dalla tecnologia medica, da una medicina contro cui si può recriminare se il risultato non è in linea con le aspettative. La società si impegna a evitare i rischi, con questo famoso principio di precauzione, e a migliorare le competenze, secondo i criteri di efficienza utilizzati per attribuire valore all’essere umano, insomma con l’obiettivo di migliorare la specie. Siamo vicini al ‘Mondo Nuovo’ di Aldous Huxley, a ‘Gattaca’ e a ‘1984’ di Orwell. Il progetto in corso in Francia di estendere il termine per la legalizzazione dell’aborto è una deriva irreversibile. La società non cerca più di trovare le cause delle sofferenze e delle anomalie per porvi rimedio, cosa che può richiedere coraggio. Senza una visione del futuro, è spinta dai fatti e, sotto l’influenza di ideologie, si limita a tappare le crepe”. Dopo l’aborto, l’eutanasia neonatale, in Olanda, in Belgio e domani? “Un modo per compensare l’errore di diagnosi prenatale che avrebbe potuto (dovrebbe?) portare all’esecuzione di un aborto. Siamo in procinto di una mercificazione dell’individuo: il prodotto non è buono, va rimosso. E, per farlo senza sensi di colpa, si usano due argomenti: le conseguenze distruttive per la coppia dell’arrivo di un figlio handicappato e non dare all’embrione e al feto la dignità di persona. E’ soppressa perché non è ancora umana! Alcuni contestano anche la dignità di persona a un neonato con il pretesto che non è ancora cosciente! Non è necessario essere indovini per prevedere che si stabiliranno protocolli che porteranno ad atteggiamenti sistematici. La decisione sarà il risultato di un algoritmo”. La nostra opinione pubblica è sempre più coinvolta nelle questioni ecologiche. “Siamo sensibili al fatto che la natura deve essere protetta con lodevole preoccupazione ecologica. C’è una crescente consapevolezza degli effetti dannosi della manipolazione della natura, che porta a mettere al bando gli ogm, le colture intensive e i fertilizzanti. Paradossalmente, lo sviluppo naturale dell’essere umano non beneficia delle stesse precauzioni, al contrario è messo in pericolo da esperimenti  che portano alla  distruzione  di embrioni e da manipolazioni che tentano, con il pretesto della terapia genica, di migliorare artificialmente le prestazioni umane. Poiché l’essere umano è considerato il principale predatore e  colpevole della distruzione dell’equilibrio ecologico e poiché le prospettive demografiche fanno temere un futuro sovraffollamento, tutto ciò che può rallentare le nascite viene accolto con favore da organismi internazionali, come l’Oms. Questa politica è associata al sogno dell’uomo di dominare la vita, in un approccio transumanista. In demografia i programmi di contraccezione e aborto forzato sono richiesti dagli organismi finanziari, come il Fondo monetario, per concedere prestiti agli stati. Questi programmi lasceranno sul banco degli imputati coloro che non possono o non vogliono accettare le tecniche di miglioramento. Saranno adottati progetti per l’allontanamento delle persone  ritenute non necessarie, come i disabili e gli anziani. Ricorda le terribili azioni avvenute durante la Seconda guerra mondiale, che fecero dire a Lejeune, in un brutto gioco di parole ma purtroppo premonitore, ‘eutanazia’”. 


Sarà sempre più dura difendere la vita umana. Fu Lejeune stesso a dirlo: “Si dirà che siete fuori moda, si dirà che impedite il progresso scientifico, si dirà che cercate di mettere il bavaglio alla scienza attraverso una morale superata. Ebbene, vorrei dire proprio a voi di non aver paura: voi trasmettete le parole della vita”. “Che il nostro parlare e la nostra azione a difesa della dignità e del rispetto di ogni persona dal concepimento alla morte siano percepiti male e combattuti, perché parlano alla coscienza, non ci destabilizza” conclude Sapin al Foglio. “Cristo ci ha preparato a questo. George Orwell ha scritto: ‘Più una società si allontana dalla verità, più odierà coloro che la diranno’. Giovanni Paolo II diceva che la  fiamma di una candela fa sparire le tenebre. In questa lotta, sono sicuro che la parola va pronunciata. Non una speranza di cui dubitiamo della realizzazione, ma la certezza che Dio non ci abbandona in questa prova. Il nostro compito è quello di dire la verità contro ogni previsione, anche se non hanno orecchie per ascoltare! Al di là della battaglia di idee, è la verità sull’uomo e su ciò che fa la sua dignità e la sua felicità che deve essere proclamata, senza aggressività né giudizio delle persone. Certo, tutto sembra contribuire ad andare oltre per negare il rispetto della vita, con l’accettazione con ogni nuova legislazione di ciò che era proibito nella precedente, sotto i colpi delle trasgressioni delle leggi appena votate. Questa deriva transumanista sembra inevitabile. Ma dobbiamo mantenere la speranza e la rotta, anche in caso di maltempo. Non siamo soli. Jorge Luis Borges diceva: ‘Il futuro è inevitabile, ma potrebbe non accadere’”. 
In gioco c’è molto più dei lilliput difesi da Sapin. Lejeune un giorno tiene una conferenza all’abbazia di Royaumont quando dal pubblico si alza una attivista e, di fronte a cinquanta giornalisti, dichiara: “Vogliamo distruggere la civiltà giudeo-cristiana, per farlo dobbiamo prima distruggere la famiglia e per distruggere la famiglia dobbiamo attaccarla nel suo anello più debole: il nascituro”. E cosa c’era di meglio che renderlo invisibile?    

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