bandiera bianca

Ma quale scandalo? Sanremo in realtà è un sedativo

Antonio Gurrado

Fingere di scuotere le coscienze per conciliare il sonno: è questo che fa il Festival ogni anno

Ricapitolando: il ciondolo con la marjuana di Ornella Muti; Drusilla Foer, ovvero un uomo che interpreta un personaggio femminile; Achille Lauro che si battezza a torso nudo; Checco Zalone con la storia sul transessuale; il monologo sul razzismo di Lorena Cesarini. Guardare il Festival di Sanremo senza ascoltare le canzoni produce un precipitato che sembra fatto apposta per destare scandalo ma che, a ben vedere, in realtà è un sedativo.

    

Si produce infatti un’allucinazione collettiva sufficiente a farci credere che il Festival introduca in modo dirompente alcuni temi divisivi nelle case degli italiani, quando invece è vero il contrario: il Festival lambisce argomenti pseudo-scandalosi solo perché gli autori sono consapevoli che gli italiani li hanno già digeriti e metabolizzati. Difatti Lorena Cesarini legge “Il razzismo spiegato a mia figlia”, che risale a oltre vent’anni anni fa e di cui oggi già solo il titolo sarebbe tacciato di mansplaining paternalista; nessun trans menzionato in tv può smuovere le acque della sessualità quanto l’apparizione in carne e ossa di Eva Robin’s, un ermafrodito, trent’anni fa; uomini che interpretano personaggi femminili ce n’è a bizzeffe almeno dai tempi di Tootsie, quarant’anni fa; uno che si autobattezza sortisce un effetto così così due secoli e rotti dopo che Napoleone, da solo, si è addirittura incoronato; quanto al dibattito sulla legalizzazione della cannabis, da non so quanto tempo fa sbadigliare più della cannabis stessa.

  

Fingere di scandalizzare per rassicurare, fingere di scuotere le coscienze per conciliare il sonno, è questo che fa il Festival ogni anno. In tutto ciò ci mancherebbe solo, che so, un monologo di Roberto Saviano.