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“Prima di vendere le carceri ripensiamo al modello di pena che vogliamo”. Parla Mauro Palma

Ermes Antonucci
Il garante nazionale dei detenuti commenta con il Foglio il progetto del ministero della Giustizia che prevede la vendita di Regina Coeli, San Vittore e Poggioreale, e la loro sostituzione con nuove strutture penitenziarie in periferia.
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“Prima di ragionare su quali spazi carcerari utilizzare, occorrerebbe riflettere su quale modello di esecuzione penale sia più utile per i detenuti”. Mauro Palma, garante nazionale dei detenuti, commenta con il Foglio il discusso progetto del ministero della Giustizia – ancora in fase di gestazione ma svelato da Repubblica venerdì scorso – che prevede la vendita delle tre carceri storiche di Regina Coeli (Roma), San Vittore (Milano) e Poggioreale (Napoli), e la loro sostituzione con nuove strutture penitenziarie nella periferia delle città.

 

Il piano, la cui esistenza è stata confermata dal ministro Andrea Orlando, mira a trasformare gli istituti carcerari italiani in strutture all’avanguardia, dove scontare la pena non costituisca più una punizione aggiuntiva in virtù del sovraffollamento carcerario (un problema negli ultimi anni certamente ridimensionatosi, anche se di recente si registra una preoccupante inversione di tendenza), e ha suscitato riflessioni contrastanti.

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“Sulla situazione carceraria non ci sono soluzioni già determinate – dice Palma – però ciò che va evitato è il concetto di ‘periferia’ in quanto tale, concettuale. Va evitato, cioè, che ci sia una rimozione del problema carcerario: il carcere deve rimanere un pezzo della città, sia concettualmente che fisicamente”.

 

A gestire dal punto di vista finanziario il progetto dovrebbe essere la Cassa depositi e prestiti, che si è già occupata di altre operazioni simili come la cessione di diverse caserme. Esso riguarderebbe inizialmente le tre carceri-simbolo Regina Coeli, San Vittore e Poggioreale (costruiti tra la fine dell’800 e l’inizio del secolo scorso), ma potrebbe estendersi ad almeno una dozzina di penitenziari, sempre secondo lo schema, ancora piuttosto generale, di vendita e decentralizzazione.

 

Si tenta insomma, come dichiarato dallo stesso Orlando, di “superare i moloch ottocenteschi”, cioè strutture penitenziarie con costi di manutenzione altissimi e realizzate secondo logiche abitative che inducono, non solo al sovraffollamento (Poggioreale ospita 2.035 detenuti, nonostante la capienza regolamentare sia di 1.640; San Vittore 991 detenuti, per 750 posti; Regina Coeli 911 detenuti, contro 624 posti), ma anche alla passività degli stessi carcerati e all’annientamento della logica riabilitativa.

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Il punto su cui bisognerà porre l’attenzione, ribadisce Palma, è l’approccio di fondo: “Non è che vi sono degli spazi dati e su quelli dobbiamo costruire un modello di detenzione”. Bisognerebbe, al contrario, “prima ragionare su quale modello di esecuzione penale vogliamo, e poi vedere in quali spazi organizzarla”.

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