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Francoforte strapazza tutti

Draghi frusta i governi e invoca una regia europea per le riforme

La lentezza riformatrice e i rischi geopolitici (l’Ucraina) gravano sull’euroripresa. Mercati in subbuglio.

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Roma. Mario Draghi ha lasciato da parte la politica monetaria, nella conferenza stampa di ieri. Il presidente della Banca centrale europea ha criticato la flemma riformatrice dei governi e ha parlato dei rischi geopolitici derivanti dalla crisi ucraina, altra incognita per la ripresa “moderata e disomogenea” dell’Eurozona. Le Borse europee hanno subito virato in rosso.

 

Il consiglio della Bce non ha preso nessuna decisione dopo le misure straordinarie di giugno. I tassi restano ai minimi storici. A settembre partirà il piano di prestiti alle banche, purché i soldi affluiscano alle imprese. Tuttavia se il tessuto imprenditoriale non riesce a intercettare nuova finanza, nota Draghi, la politica monetaria può fare poco. Parole riferite anche all’Italia, finita in recessione tecnica sia a causa del “basso livello di investimenti privati” sia per “l’incertezza generata dalle riforme non fatte”, dice Draghi. Il banchiere centrale ha poi diviso i paesi dell’euro tra “chi ha realizzato programmi convincenti di riforma strutturale e sta andando meglio”, come la Spagna, e “chi non l’ha fatto o l’ha fatto in modo insufficiente”, vedi Italia e Francia che hanno fatto progressi mimini dal 2010 in poi, dice l’Ocse. “Questi sono i paesi con il più alto livello di tassazione in un’area in cui le tasse sono le più alte al mondo e dovranno abbassarle”. Da qui l’urgenza europea di dotarsi di una governance comune anche a costo di lasciare più potere alle tecnostrutture di Bruxelles: “Per i paesi dell’Eurozona – sottolinea Draghi – è arrivato il momento di cedere sovranità all’Europa per quanto riguarda le riforme strutturali come avviene per la disciplina di bilancio”.

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Come molti commentatori sulla nostra carta stampata – tacciati ieri dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, di trarre conclusioni parziali e fuorvianti sull’operato del governo Renzi a partire dal calo del pil degli ultimi sei mesi – quelli stranieri inquadrano l’Italia come l’anello debole. Per il Guardian “Roma è il cigno nero d’Europa” e la Bce dovrà soccorrerla con il Quantitative easing, liquidità su larga scala (di cui in realtà beneficerebbe l’Europa intera). Tuttavia l’evento inatteso per il Vecchio continente, ovvero il “cigno nero”, è piuttosto la guerra in Ucraina. “I rischi geopolitici sono aumentati”, ha detto Draghi, e avranno un impatto crescente su economia, mercati ed energia. Incalcolabili gli effetti delle sanzioni economiche euro-atlantiche alla Russia, cui Mosca ieri ha di nuovo risposto imponendo l’embargo sui beni alimentari importati da Stati Uniti e Ue (per l’Italia significa 100 milioni di export agroalimentare in meno quest’anno).

 

La Germania in crisi di coscienza?

 

Ma è la Germania, primo partner commerciale della Russia, a soffrire di più l’escalation sanzionatoria. L’economia cresce, ma è incostante. A causa delle tensioni geopolitiche il ritmo potrebbe rallentare. Gli ordini industriali calano, la fiducia del business è atterrita nonostante il recupero della produzione industriale a giugno (più 0,3) dopo lo scivolone di maggio (meno 1,7). I campioni nazionali, da Siemens a Rheinmetall, temono l’annullamento delle commesse e viene messa alla prova la scelta diplomatica della Germania che viene invitata dai commentatori (duro l’Economist) a interrogarsi sulla sua natura di paese semi-egemone d’Europa con una condotta non più così esemplare: le riforme si sono fermate a Schröder e gli investimenti infrastutturali languono mentre i sussidi “verdi” esplodono (dice Bloomberg). Una questione tedesca che investe l’amata “mutti” Merkel, attenta a non rendersi impopolare.

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