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Israele colpisce duro Hamas, molte vittime. C’è il timore di un contagio islamista a Gaza

Rolla Scolari

Nel secondo giorno dell’operazione israeliana “Margine protettivo”, Hamas ha utilizzato missili a maggior gittata. Dall’altra parte, l’esercito israeliano ha irrobustito il fuoco contro Gaza. Sono quasi 500 gli obiettivi colpiti.

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Milano. E’ la prima volta che i razzi lanciati da Gaza arrivano oltre Tel Aviv. Un missile è caduto ieri senza fare vittime a Zichron Ya’akov, 120 chilometri a nord della Striscia, la distanza che c’è tra Milano e Genova. Nel secondo giorno dell’operazione israeliana “Margine protettivo”, Hamas, il gruppo islamista che controlla la Striscia, ha utilizzato missili a maggior gittata. Dall’altra parte, l’esercito israeliano ha irrobustito il fuoco contro Gaza. Dall’inizio dell’operazione, sono quasi 500 gli obiettivi colpiti, centinaia soltanto ieri. Secondo fonti dell’esercito israeliano, la Striscia sarebbe stata colpita più duramente durante questi due giorni – con oltre 400 tonnellate di esplosivo in 36 ore – che durante tutta la campagna “Pilastro di Difesa” del 2012, durata otto giorni. Cresce il bilancio delle vittime palestinesi: 51 secondo le fonti mediche locali.

 

Il rais dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen, dalla Cisgiordania, ha accusato Israele di portare a termine “un genocidio”. Ha spiegato di aver contattato il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, di avergli chiesto di mediare tra le parti per il raggiungimento di un cessate il fuoco. Per la prima volta dall’inizio delle ostilità c’è l’indizio di un negoziato in corso, anche se il Cairo ha minimizzato: “Non c’è mediazione nel senso abituale del termine”, ha detto un portavoce del ministero degli Esteri. “Abbiamo deciso di aumentare gli attacchi contro Hamas e le organizzazioni terroristiche a Gaza. L’esercito è pronto a qualsiasi possibilità”, ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu dopo aver incontrato ieri il suo ristretto gabinetto di sicurezza. Anche il ministro della Difesa, Moshe Yaalon, ha mantenuto i toni di questi giorni: “L’operazione crescerà”.

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Ma la preoccupazione del governo israeliano, secondo alcuni esperti, è quella del vuoto. Il vuoto creato in questi anni dall’instabilità nata nella regione dal disfarsi delle rivolte arabe – nel Sinai egiziano, nella Siria della guerra civile – è stato riempito e sfruttato da movimenti estremisti islamici. La Striscia di Gaza è dal 2007 controllata da Hamas e da gruppi palestinesi che hanno costruito un arsenale. “Se Israele colpisce mortalmente Hamas, chi riempirà il vuoto governativo? – ha scritto Nahum Barnea sul quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth – Gaza rischia di trasformarsi in anarchia come la Somalia o rifugio per organizzazioni terroristiche affiliate ad al Qaida. In altre parole, Hamas è male, ma non il male peggiore”. L’editorialista israeliano non è il solo a chiedersi se Netanyahu sia di fronte a un “dilemma”, come scrive il Daily Telegraph: indebolire il gruppo di Gaza perché spara razzi sulle città israeliane o evitare il vuoto di potere? C’è Abu Mazen, certo, ma non ha un potere politico abbastanza solido da riempire una pericolosa assenza di governo.

 

La fascinazione per lo Stato islamico

 

L’esperto israeliano Ephraim Halevi individua negli eventi in Siria e in Iraq l’ultima preoccupazione di Netanyahu, condivisa da tutti i leder della regione. “In qualsiasi accordo di pace con i palestinesi, Israele deve mantenere una presenza militare sul confine giordano”, ha detto in un discorso all’Università di Tel Aviv a fine mese. Il premier pensa allo Stato islamico che cresce in Siria e in Iraq. Secondo il Daily Beast, il gruppo starebbe espandendo le proprie mire alla Giordania, attaccata a Israele, e ai Territori palestinesi (tanto che Amman, secondo fonti del Senato americano, mediterebbe perfino di chiedere un inedito aiuto militare a Israele se necessario). Allo stesso tempo, il vicino egiziano contiene spinte jihadiste nel Sinai: ieri un soldato è saltato in aria su un blindato a causa di un ordigno esplosivo nascosto lungo il ciglio della strada al confine con Gaza. Il gruppo Ansar Bait al Maqdis – che ha rivendicato diversi attentati in Egitto e agisce così vicino alla Striscia sotto il fuoco israeliano – non nasconde velleità di connessione con il più vasto movimento jihadista dello Stato islamico. E poi c’è l’Iran. In un report dell’Onu, ricordato dal Wall Street Journal, si racconta di una nave iraniana carica di missili a lunga gittata intercettata a marzo da Israele: “Le armi erano quasi certamente destinate ai clienti terroristi dell’Iran a Gaza”.

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