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Vecchia e nuova Europa

Redazione

Sul piano diplomatico, la guerra in Afghanistan è diversa dalla seconda guerra del Golfo. Tuttavia, anche sull’azione militare a Kabul si stanno più o meno ricostituendo le stesse reti di solidarietà e di riluttanza che si erano create nel caso iracheno

    Sul piano diplomatico, la guerra in Afghanistan, decisa dalla comunità internazionale al completo dopo l’attentato alle Torri gemelle, è diversa dalla seconda guerra del Golfo, che fu condotta dall’alleanza dei volonterosi guidata dall’America, dalla quale si dissociò in Europa l’asse franco-tedesco. Tuttavia, anche sull’azione militare necessaria per liberare l’Afghanistan dalla minaccia dei talebani, si stanno più o meno ricostituendo le stesse reti di solidarietà e di riluttanza che si erano create nel caso iracheno, nonostante il cambiamento di segno politico di alcuni dei governi interessati. All’appello di Obama per una maggiore corresponsabilità nell’ampliamento dello sforzo militare in Afghanistan hanno risposto la Gran Bretagna, l’Italia e la Spagna (che pure con il governo socialista aveva abbandonato repentinamente il fronte iracheno).

    La Francia di Sarkozy, nonostante le affermazioni di solidarietà atlantica che avevano differenziato l’attuale Amministrazione da quella di Chirac, fa orecchi da mercante alla richiesta di aiuto americana, e il Financial Times scrive di un’incrinatura seria nelle relazioni tra Parigi e Washington. La Germania ha condizionato il rafforzamento della missione militare alla definizione preventiva di una strategia di disimpegno – ha detto il ministro della Difesa zu Guttenberg – come se fosse possibile decidere la tempistica di una guerra senza tener conto delle mosse del nemico.

    Poi però ha sostenuto, con il ministro degli Esteri Westerwelle, che avrebbe deciso dopo la conferenza di Londra, per concludere che a quella conferenza la Germania non intende partecipare “se sarà una conferenza sull’invio di truppe in territorio afghano”. Si vede che gli interessi, le ambizioni (o le velleità) internazionali dei diversi paesi non dipendono tanto dal colore dei governi quanto da una più o meno razionale concezione della funzione nazionale che si intende esercitare. Insomma, la distinzione (rumsfeldiana, da Donald Rumsfeld) tra vecchia e nuova Europa è ancora attuale.