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Svegliarsi a Roma oggi

Andrea Mercenaro

Già non si riconosce più la città. Siamo sicuri sia sempre lei, Roma la Zozza? O forse Losanna? Il racconto di un meravigliato risveglio nell'èra Gualtieri

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“Fammi il piacere, esci!”. Perché? “Non chiedere, esci e guardati intorno”. Non era abitudine di Guido chiamarmi a quell’ora del mattino. Alle 8 ero fuori. Di casa sicuro, probabile anche di testa. Non era il mio solito fuori. Infatti. Non era casa mia. Non mi trovavo nei dintorni soliti del palazzo con i soliti cassonetti debordanti a far corona. A Losanna m’ero svegliato? Forse? Mi trovavo nella civettuola Bergen? Era stata trasformata in Selva di Val Gardena, Roma la Zozza? L’aria stessa sapeva di rose, di narcisi. Sul terrazzo lassù, quasi ormai a novembre, rifioriva il glicine. E Pesto, il cane, bloccato al mio fianco senza lanciarsi come al solito verso lo spigolo del numero 6 su cui amava da sempre esordire in pipì, mi fissava interdetto. Tutto appariva lindo, al di qua come al di là della strada. Perfino la vecchia, cara ombra puzzolente, formata sul muro da Pesto e dai suoi padri, via, scomparsa. Come le erbacce e le plastiche. No, non era Roma, non poteva, un miracolo piuttosto, un gioco di prestigio, un magico abbaglio, questo trionfo di luce e di nitore, di civismo e di ripuliture. Ho chiuso gli occhi. Svenivo. Ma è stato un attimo, coglione che ero. Il ballottaggio, cribbio! Gualtieri il compagno! Il sindaco nuovo! Ammazza però, pur dicendo della Prati romano-borghese, pressoché Ztl. (Continua domani: le periferie del disagio e del radicamento strategico). 

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