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Milano bevuta e mangiata

Andrea Mercenaro

Ferrucio De Bortoli ha difeso la città a petto in fuori, e appoggiandosi alla ragione ha spiegato a tanta sinistra che disprezzarne la ricchezza è da retrogradi. Se solo lo avesse capito per tempo

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Evviva De Bortoli, detto con tutto il cuore. Perché ha difeso Milano a petto in fuori, appoggiandosi sempre alla ragione. Perché ha spiegato a tanta, forse troppa sinistra, che disprezzare la ricchezza vitale di Milano è da retrogradi. Approfittando della pandemia, poi. Perché, con lo stile che gli è proprio, De Bortoli ha rinfacciato al progressista cosiddetto di non aver mai capito nulla, di Milano, ma fin dai tempi di Craxi, quindi di Berlusconi: “Un disprezzo dell’impresa, una diffidenza nei confronti dell’industria, una rivincita della statalizzazione contro il mercato”. Da cui l’odio attuale, “qualcosa di estraneo a Milano, che la sinistra non è mai riuscita ad afferrare fino in fondo”. Esattamente. Giudizio che perfino altri avrebbero potuto esprimere, ma che pronunciato da un estimatore storico di un imprenditore nato come Luca Cordero di Montezemolo ha saputo conquistarsi uno spessore particolare. Evviva, allora. E che gran tipo, in fondo, questo nostro De Bortoli. E pensate poi se, nei tempi giusti, avesse pure capito come la cara Milano, essendo da bere, non andava mangiata.

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