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Il coerente ministro del cappio

Andrea Mercenaro

Una magistrata ha imprevedibilmente sentenziato da Agrigento. E a Salvini si è arricciato il pelo

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Non può non riconoscere, Matteo Salvini, di dovere gran parte della sua carriera a un giorno preciso di un quarto di secolo fa. Lui, vent’anni appena, sarebbe diventato consigliere comunale già a ventuno. Milano, Lega nord. Era il 16 marzo del 1993 quando il suo compagno di partito, il molto onorevole Luca Leoni Orsenigo, sventolò un cappio nell’Aula di Montecitorio. Rimase famoso. Roma era ladrona, anniversario di Aldo Moro sequestrato, i meridionali molto sozzi, quelli sotto Firenze non avevano voglia di lavorare e campavano sulle spalle degli altri. Batteva la grancassa di quei tempi, Salvini lo ricorderà, il popolo dei fax. Molto tempo è passato. I meridionali hanno virato in bolzanini e quelli molto sozzi, che campano sulle spalle degli altri, sono diventati i negroidi nati a sud di Lampedusa. È che una magistrata dalla penna bianca, diversa dal vecchio Di Pietro amato da Orsenigo quanto da lui ragazzo, ha testé imprevedibilmente sentenziato da Agrigento. E a Salvini si è arricciato il pelo. Potete pure insultarlo, ma si chiama coerenza. Un quarto di secolo se n’è andato, mentre egli è cresciuto da consigliere a ministro: sempre del cappio.

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