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Milano, tiremm innanz

Andrea Mercenaro

Il bar dedicato al generale Radetzky, il patriota Sciesa e lo spirito dei tempi (quelli però del 1992-1993)

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Ma quanto è bravo Aldo Cazzullo che parla di Milano sul Corriere. E della zona Garibaldi, magnifica, per innestata che sia, e vivace, grandiosa, scrigno modernità e di ricordi. Le torri, col vecchio meccanico meneghino tuttora di fianco, l’antico che dà la mano al nuovo. Solo, peccato. Peccato solo il nome di quel bar, bello peraltro: ma Radetzky. L’austriaco. Perché mai, si interroga Cazzullo, e giustamente. Perché dovrebbe, Milano, rendere omaggio a Radetzky? E non a un Amatore Sciesa? “Sciesa, prima di consegnarlo al boia, lo portarono sotto casa e gli promisero la libertà in cambio dei nomi dei compagni. Lui rispose in milanese: ‘Tiremm innanz’. Andiamo avanti, andiamo a morire, meglio morire che tradire. Ma sono cose che non si usano più”. Bello. E ti veniva in mente, chissà per quale folle accostamento, per quale inappropriata bizzarrìa, il nome di Gabriele Cagliari, quella sua lettera, la libertà promessa e rimangiata, andiamo avanti, andiamo a morire, meglio morire che tradire. Poi infatti morì. E la Procura di Milano, che di certo come Radetzky non era, ma anch’essa ti veniva in mente. E lo spirito dei tempi. Che pareva un’orgia. E ricordavi quegli anni, 1992-1993, quando Cazzullo ancora era pupattolo, il bar Radetzky quasi non esisteva, eppure lui, giornalista di gran tempra, che già diceva: “Vabbé, tiremm innanz”.

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