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Lo stressante trasloco di Zingaretti dal centro alle periferie

Andrea Mercenaro

Lei, segretario, vuole ritornare da Cencio alla Parolaccia, io la capisco. Ma bisogna pure saperla ascoltare, questa benedetta nostalgia

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Trasferirsi, caro segretario Zingaretti, è evento gioioso che può trasformarsi in stressante. Lasciare il centro storico del ceto riflessivo per trasferirsi, che so, nella Tor Bella Monaca popolata da un ceto che ora mena, potrebbe creare disagio psicologico. Ricordo un Pci niente male, quanto a radicamento sul territorio, appiccicato alla magione dei nobili Pecci-Blunt. E un Berlinguer, non diciamo un Togliatti, che solo all’idea di farsi dare le idee dai fan di Claudio Villa avrebbe ordinato a Pecchioli di imbracciare la clava. Pure la nostalgia deve dire qualcosa. E’ un sentimento di separazione e di lontananza, la nostalgia, che può sorgere nella situazione di perdita dei legami con un luogo verso cui si era sviluppato un sentimento positivo. Lei, segretario Zingaretti, vuole ritornare da Cencio alla Parolaccia, io la capisco. Ma bisogna pure saperla ascoltare, questa benedetta nostalgia. Cercare di negarla non sempre è facile e in genere non aiuta. Ritorna sotto forma di insonnia, inappetenza, frustrazione. Che fare, allora? Fermarsi non si può. Ascoltarsi? E per cosa? Incaricare un esperto in costi e benefici? Voltare pagina senza voltarla? Accoppare Renzi senza riuscirci? Lasciare la sinistra senza Tav? Mollare il Nazareno si può capire. Ma per un cazzo di rave party? Quando D’Alema, minimo, per due birre, due scarpe, una barca e una vigna?

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