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Se chiudono i giornali

Andrea Mercenaro

Giggino auspica licenziamenti a Repubblica e all’Espresso dopo che entrambi, per anni, hanno fatto del loro meglio per spianargli la strada del successo

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Non c’era alcun bisogno di dimostrazioni ulteriori, questo è evidente, certo però che aver sentito Giggino auspicare la chiusura di Repubblica e dell’Espresso dopo che entrambi, per anni interminabili e fino a poco fa, avevano fatto del loro meglio per spianargli la strada del successo, non solo racconta ancor meglio lo spontaneo disprezzo che il bel tomo nutre per la libertà di stampa, o per le regole elementari della civile convivenza. Squaderna altresì al tempo stesso, sfacciatamente, la voracità vendicativa e piccina che tatua ormai in modo irreversibile quel tipastro coi suoi. L’ansia angosciante che la loro affermazione possa naufragare li tramuta ormai in piccole iene che azzannano ogni cosa. Che se ne fottono perfino dei vecchi amici, che ne disconoscono l’annuso naturale, che si obbligano a pentirsi del pezzo di strada percorso insieme fino ad auspicarne il licenziamento, la disoccupazione umiliante, la perdita non tanto dello status quanto della dignità, proprio. I licenziamenti. A Repubblica. All’Espresso. Ma roba da matti. Va denunciato con forza, tutto ciò. Perché sì, perché è giusto. Poi bon. Esiste il tempo libero, poi. Mettiamoci allora in poltrona, sbrachiamo. Chiudiamo gli occhi. Sogniamoci un Marco Damilano che (ingiustamente, oh!) pulisce i parabrezza agli incroci.

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