Beppe Sala e Roberto Maroni (foto LaPresse)

La corsa di Milano alla conquista dell'Agenzia europea per i medicinali

Maurizio Crippa

Arriva Moavero Milanesi per guidare l’assalto italiano all'Ema. Ma c’è un problema di grattacieli

C’è chi paragona la corsa per aggiudicarsi l’Ema a quella per l’Expo. Paragone improprio, non fosse che per le consuete questioni di emergenza: la concorrenza internazionale è agguerrita, i tempi di manovra ridotti all’osso. Ma a un certo punto l’indispensabile task force, la mitica cabina di regia parte. Ieri Paolo Gentiloni ha parlato alla Camera, la tradizionale informativa prima del Consiglio straordinario dell’Unione europea sulla Brexit di sabato 29. E ha annunciato che l’uomo giusto c’è. “Il governo è pienamente impegnato a sostenere questa candidatura, ho dato incarico all’ex ministro per gli Affari europei, Enzo Moavero Milanesi di seguire per conto del governo questo dossier”. Propriamente, l’ex ministro degli Affari europei di Mario Monti e poi di Enrico Letta, sarà “consigliere del premier per la promozione della dislocazione a Milano della sede dell’Ema. E tutti, dal governatore Bobo Maroni al sindaco Beppe Sala al ministro della Salute Beatrice Lorenzin sono soddisfatti. Un tecnico, apprezzato, e che conosce a menadito al burostruttura diplomatica europea. Gentiloni è ottimista: “Penso che Milano abbia delle ottime chance, per le sue caratteristiche, di ospitare questa grande agenzia europea”. Ma è prudente: “sappiamo anche che ci sono una ventina di paesi candidati, non sarà una competizione semplice, ce la possiamo giocare. Prudenza più che necessaria. L’Agenzia europea del farmaco è un oggetto con un budget da 300 milioni di euro e muove, oltre ai mille addetti con famiglia e alle 36 mila persone che vi transitano ogni anno, un fatturato stimato oltre il miliardo. Non solo per l’indotto (case, alberghi, scuole per i figli) ma soprattutto per la possibilità che i protagonisti mondiali di Big Pharma decidano di spostare nei pressi dell’Agenzia parte dei propri quartier generali. E non va scordato che Milano, per la ricerca farmacologica, è un centro d’eccellenza.

  

Ma appunto, c’è la concorrenza. Perché l’Ema fa gola a tutti. Senza contare che Londra non ha ancora gettato la spugna. Anzi il segretario alla Brexit, David Davis, lavora per una soluzione che permetta alla Gran Bretagna di mantenere la sede sia di Ema che di Eba, la European banking authority. Quanto agli altri, si sa che ci sono da tempo Lilla, Vienna e Stoccolma.

 

Uno dei problemi della cruciale partita è che a East London, nel distretto direzionale di Canary Wharf, ci sono circa mille addetti che hanno a disposizione una sede e strutture eccellenti. La scelta della nuova sede europea avverrà anche in base alla location che sarà messa a disposizione. Funzionale, di prestigio. E pronta chiavi in mano. Per Milano il problema sono soprattutto le chiavi in mano. Maroni ha già da tempo messo a disposizione il Pirellone, oggi sede del Consiglio regionale e dei gruppi, ma sostanzialmente sotto utilizzato: “E’ l’unica chance che abbiamo”, ha detto, scansando i mugugni della stessa Lega e di qualche altro campanilista. Del resto, il grattacielo di Gio Ponti è ormai divenuto un simbolo cittadino, poco meno del Duomo. Il questione è legata anche ai tempi. Sala e anche Maroni hanno ripetuto che la scelta verrà fatta entro l’anno, ma intanto l’Efpia, la Federazione europea della industrie farmaceutiche, ha fato sapere che preferisce una decisione entro giugno. E i tempi decisionali della politica italiana sono quelli che sono. Considerando anche che è scesa in campo anche Barcellona. Il sindaco Ada Colau, assieme al ministro della Sanità, Dolors Montserrat, hanno presentato le loro carte, compreso un accordo che già ci sarebbe per ottenere la Agbar Tower, gioiellino di 38 piani chiavi in mano.

  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"