Collegi, scheda, capilista. Cosa c'è nella nuova legge elettorale

Stefano Ceccanti

Il testo arriverà domani in Aula alla Camera. Un piccola guida per orientarsi su come cambierà il sistema di voto

Pubblichiamo una piccola guida alla nuova legge elettorale realizzata da Stafano Ceccanti, costituzionalista e già senatore del Pd nella scorsa legislatura. 

 


La legge della Camera

1. Come sono divisi i 630 deputati

La legge elettorale per la Camera elegge i 630 deputati in questo modo:

- 12 come oggi sono eletti dagli italiani all’estero;

- 11 come previsto dall’Italicum in Trentino Alto Adige secondo lo schema della legge Mattarella (8 collegi uninominali e 3 di recupero proporzionale);

- 1 come da sempre in collegio uninominale maggioritario in Val D’Aosta;

- 606 sul resto del territorio nazionale che è suddiviso anzitutto in 28 circoscrizioni regionali o, nel caso di Regioni più grandi, sub-regionali (4 in Lombardia, 2 in Piemonte, in Veneto, nel Lazio, in Campania, e in Sicilia) che a loro volta si suddividono in 225 collegi uninominali.

Pertanto i collegi sono in tutto 234 e, in caso di elezioni anticipate, sono previsti direttamente in legge.

 

2. La scheda, il voto dell’elettore e i vincoli alla presentazione dei candidati

La scheda prevede tanti rettangoli: in ciascuno di essi sulla sinistra il nome del candidato nel collegio, in mezzo il simbolo e sulla destra un listino bloccato corto con un minimo di 2 e un massimo di 6 nomi e alternanza di genere.

L’elettore dà un unico voto che vale per il candidato e per il listino. I candidati uninominali di uno stesso partito non possono essere per più del 60% dello stesso genere.

Ci si può presentare al massimo in un collegio e in un listino. Se eletto in entrambi vale l’elezione uninominale e sul listino si scorre al successivo.

A prima vista il voto unico rende meno tedesco il sistema. In Germania infatti (tranne le prime elezioni del 1949) il voto è sempre stato doppio. Tuttavia gli italiani non sono tedeschi: se si lascia la possibilità del voto doppio le forze politiche, come hanno già dimostrato con le leggi Mattarella, sono in grado di aggirare la legge, la quale vuol portare a un rigido rispetto della proporzionalità , con desistenze, liste civetta e chi ne ha più ne metta, senza scandalo di nessuno mentre in Germania tutti si scandalizzerebbero. Per questo, quando si discusse di un sistema analogo a cui lavorai coi professori Vassallo e Bassanini, avendo ben presente questa differenza culturale, facemmo la scelta del voto unico. Per assicurare esiti tedeschi bisogna qui allontanarsi dal tedesco.

 

3. Dai voti ai seggi

 

3.1 Quando sono eletti

Chi non supera il 5% dei voti validi a livello nazionale non ha seggi, a meno che non si tratti delle liste delle minoranze linguistiche tutelate che abbiano ottenuto il 20% nella rispettiva circoscrizione.

Chi supera il 5% ottiene seggi in modo rigorosamente proporzionale ai voti (metodo dei quozienti interi e dei più alti resti). Ovviamente più sono le liste escluse dalla ripartizione, più le altre risultano sovra rappresentate. Se si sprecassero il 20% dei voti, una lista che ottenesse il 40% dei voti avrebbe il 50% dei seggi.

 

3.2 Quali sono gli eletti

I primi degli eletti sono anzitutto i vincitori dei collegi uninominali;

se ci sono ancora seggi da distribuire seguono i candidati sul listino bloccato;

se ce ne sono ancora seguono i candidati migliori perdenti nei collegi, cioè quelli che, pur non avendo vinto, hanno ottenuto la percentuale migliore.

In linea di massima, avendo ridotto i collegi al 40% e avendo eliminato il privilegio per il capolista (che ora segue sempre i vincitori dei collegi) tutti i vincitori dovrebbero entrare, ad eccezione di quelli che appartengono a partiti che non abbiano ottenuto il 5%. Qui il legislatore si trova di fronte a una scelta, dato che non è possibile importare il sistema tedesco in cui il numero dei deputati è flessibile. Bisogna scegliere una delle due soluzioni che il sistema tedesco può rispettare simultaneamente: la proporzionalità tra i partiti e la proclamazione di tutti i vincitori. Al momento il legislatore ha ritenuto giusto privilegiare la prima: ci sono dei pro e dei contro in entrambe: a me sembra che in sostanza si equivalgano.

In astratto in regioni monocolori qualcuno dei vincitori del partito di maggioranza rischia ancora di non entrare. Si tratta di casi minimi, ridotti all’estremo. Anche qui il legislatore si trova di fronte a un bivio: o mantiene questa soluzione che rispetta il numero di seggi assegnato a ogni circoscrizione sulla base della popolazione ma esclude qualche vincitore di collegio oppure cambia la scelta facendo entrare tutti i vincitori ma facendo slittare dei seggi. Ad esempio lascia alla Lega tutti i vincitori del Veneto ma toglie dei seggi agli eletti nei listini della Lega il Toscana o in Emilia. Qui francamente la scelta del rispetto dei vincenti, anche perché si tratterebbe di pochi seggi, mi sembrerebbe da privilegiare.

Comunque l’esistenza di queste 2 eccezioni è un motivo ulteriore per il voto unico. Se il voto fosse doppio non si potrebbe prevedere in alcun modo un’eccezione per il vincente nei collegi che sarebbe eletto direttamente.

 

B. Come funziona la legge del Senato

Si tratta di una legge quasi fotocopia rispetto a quella della Camera, tranne soprattutto i numeri, dato che abbiamo 315 senatori elettivi che sarebbero così suddivisi:

- 6 all’estero;

- 7 in Trentino Alto Adige (6 in collegi uninominali e 1 di recupero proporzionale come da Legge Mattarella);

- 1 in Val D’Aosta (collegio uninominale);

301 sul resto del territorio nazionale, che è anzitutto suddiviso nelle 20 Regioni e in 112 collegi individuati dalla legge, in sostanza abbinando i collegi Camera.

I collegi sono quindi in totale 119.