Beppe Grillo (foto LaPresse)

Contro i professionisti dell'anti casta

Claudio Cerasa

Perché il giornale che dieci anni fa inventò “la casta” dovrebbe rileggersi il formidabile Panebianco (che ha pubblicato) sulla “pluralità di forze” che agisce “per offrire su un piatto d’argento il paese” a Beppe Grillo

Tutte le redazioni d’Italia, subito, adesso, senza esitazione, dovrebbero ritagliare un formidabile e definitivo articolo pubblicato ieri sulla prima pagina del Corriere della Sera, a firma di Angelo Panebianco. Tema: l’egemonia culturale del Movimento 5 stelle. Svolgimento: “In modo non coordinato, una pluralità di forze sembra agire ormai da tempo, con scarsa consapevolezza della posta in gioco, per offrire su un piatto d’argento il paese al Movimento 5 stelle”. Responsabili: “Una classe politica sulla difensiva che non sa contrapporsi alla propaganda dei Cinque stelle e anzi la subisce e molti mezzi di comunicazione che cavalcano, e amplificano, la cosiddetta indignazione popolare contro la classe politica”.


Angelo Panebianco (foto LaPresse)


Il ragionamento di Panebianco è perfetto e arriva dritto al cuore di un problema che i lettori del Foglio conoscono molto bene: la sottomissione al grillismo di una buona parte della nostra opinione pubblica, la trasformazione dell’agenda dettata dai movimenti anti politici nella priorità strategica del nostro paese, la tendenza della classe politica a combattere i populisti scendendo sullo stesso piano dei populisti, la sovrapposizione plastica tra le veline delle procure e le linee editoriali di alcuni giornali, l’idea che il moralismo possa essere spesso un magnifico surrogato del riformismo, il conseguente linciaggio applicato sistematicamente a tutti coloro che tendono a considerare l’emergenza produttività o l’emergenza pressione fiscale leggermente più grave dell’emergenza vitalizio o dell’emergenza auto blu.

Tra le tante redazioni che forse dovrebbero però ritagliare con più cura l’articolo pubblicato ieri dal Corriere della Sera ce n’è una che avrebbe una maggiore urgenza a imparare a memoria Panebianco, specie in un passaggio particolare: “Molti mezzi di comunicazione cavalcano, e amplificano, la cosiddetta indignazione popolare contro la classe politica”. Quel giornale, paradossalmente, è proprio il Corriere della Sera e forse oggi vale la pena riflettere un istante su una domanda chiave della politica dei nostri giorni: ma la classe dirigente italiana, e in particolare la sua borghesia, negli ultimi dieci anni ha amplificato o ha combattuto la spirale di indignazione popolare che stava montando contro la classe politica? E soprattutto: i grandi giornali cosa hanno fatto per educare i propri lettori a diffidare di tutti coloro che vogliono colpire “la dignità della democrazia rappresentativa” e a considerare, sono sempre parole di Panebianco, “i parlamentari non cittadini come gli altri, in quanto non rappresentano se stessi ma elettori che hanno dato loro fiducia”?

 

Per rispondere a queste domande, forse, basterebbe concentrarsi su una parola chiave che purtroppo accomuna in un modo unico sia le forze anti sistema sia le forze che invece dovrebbero sforzarsi a non scendere sullo stesso piano dei movimenti anti politica: “la casta”.

Da questo punto di vista, negli ultimi dieci anni, l’odio contro la casta espresso dai movimenti anti sistema ha trovato indubbiamente un suo prezioso alleato in quel filone editoriale che il Corriere ha scelto di cavalcare attraverso gli articoli firmati da due bravi giornalisti come Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella. Articoli diventati un libro di successo nel 2007, lo stesso anno in cui forse non casualmente Grillo organizzò il suo primo vaffanculo day (il primo numero della Casta uscì il 2 maggio 2007, la prima edizione del V-Day fu l’8 settembre 2007). La domanda che dovrebbe porsi dunque quel pezzo di buona borghesia di cui il Corriere è espressione sincera è semplice: in questa fase storica è possibile essere terzisti, ovvero ostili alla casta della politica rappresentata dai partiti tradizionali, senza correre il rischio di essere involontari alleati di quei partiti anti sistema fortemente intenzionati, almeno in Italia, a distruggere una cosa non da poco che coincide con il nostro modello di democrazia rappresentativa? Naturalmente, la domanda va girata anche al nostro amico Urbano Cairo, sia nella veste di editore di Rcs, e del Corriere, sia nella veste di editore de La7, ovvero di una televisione che ha molti meriti ma – per usare ancora le parole di Panebianco – non certo quello di essere ricca di palinsesti impegnati a fare di tutto, giornalisticamente, per non cavalcare e non amplificare la cosiddetta indignazione popolare contro la classe politica. E non perché ci sia qualcuno che si illude che in Italia ci possa essere un’opinione pubblica capace di influenzare, come un tempo, le scelte e i ragionamenti degli elettori – utopia che trova difficilmente cittadinanza nell’epoca in cui viviamo. Ma perché sarebbe terribile scoprire un giorno che tra quelle “pluralità di forze” che sembrano agire ormai da tempo, con scarsa consapevolezza della posta in gioco, “per offrire su un piatto d’argento il paese al Movimento 5 stelle” ci sia anche un pezzo importante di borghesia italiana, che alimentando il sentimento anti casta non ha fatto altro che coltivare la nascita di una nuova e ben più temibile casta: quella dell’anti politica.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.