Musulmani in preghiera (foto LaPresse)

Gli inganni da evitare sull'islam

Adriano Sofri

La risposta di Sofri all'articolo di Giuliano Ferrara sulle radici dell'islam

Caro Giuliano, il riconoscimento cui mi inviti a proposito del peculiare legame fra islamismo e islam – se non fraintendo – è facile, anche troppo. Il cristianesimo renderebbe più difficile un analogo vincolo con l’eventuale espansionismo guerriero e apocalittico “cristianista”, data l’inerme predicazione e testimonianza d’amore offerta dal Gesù dei vangeli: ciò non impedì imprese cristianiste terribili contro infedeli e più accanitamente contro eretici-apostati eccetera. Questo vuol dire che tutte le religioni si equivalgono dal punto di vista dell’inclinazione a essere usate per dare sfogo a un desiderio di conquista e una voluttà di morte, ebraismo e cristianesimo, buddhismo e islam, induismo e comunismo? Ma no, certo: religioni e ideologie non sono solo pretesti di volta in volta disponibili alle pulsioni benevole o malevole degli esseri umani, hanno una loro consistenza, e anzi ciascuna una varietà di contenuti e possibilità. L’islamismo non ha sempre e ovunque uno stesso tasso di aggressività, e anche quando si fa più virulento trova generosamente nemici da odiare e sterminare fra popoli e individui di religione islamica. Sono cose dette e ridette, io mi sono limitato a osservare che nel nostro specifico caso il tunisino Amri appare essere stato uno scalzacane e non un formidabile emissario dell’Isis e dell’Internazionale islamista, la quale non manca peraltro di formidabili emissari.

Ci sono due estremi fra i quali sta la semplice ragionevolezza e distinzione: quello di chi assimila senz’altro islamismo e islam, per ignoranza, imbecillità e bisogno di accrescere le vendite, e quello di chi all’opposto annulla la matrice islamica riducendola a mero pretesto o peggio a speculazione e strumentalizzazione. I primi estremisti sono mediamente cattivi, i secondi mediamente buoni, che non è una distinzione irrilevante, ma si ingannano ambedue. Però sono io ad auspicare da te una distinzione migliore sull’andamento delle cose del mondo. Mi sono rallegrato di tutto cuore, come di un enorme scampato pericolo, alla tua ripetuta e motivata dissociazione dalla liquidazione del correttismo politico incarnata da Donald Trump: nella tua obiezione ho visto, almeno come insuperabile movente iniziale, un ripudio estetico, che si è poi trovato una quantità di ottime ragioni. Me ne sono rallegrato tanto più perché di te temo una pantagruelica adesione al sentimento per cui tutto ciò che è reale è razionale, e tutto ciò che è razionale è benvenuto: adesione che per una volta si è fermata di fronte a Trump. NAMTP: Non Alla Mia Tavola da Pranzo. Per una volta, perché, per fare un esempio attuale scottante, il limite non affiora rispetto all’espansione delle colonie israeliane. Non discuto la posizione per Israele right or wrong: puoi tenerla. Puoi anche ricordare che Israele sia dalla vera origine un insediamento di coloni.

 

Ma questa posizione non deve e non può consentirti una qualche misura? Che il governo israeliano di volta in volta vigente dilati più o meno i suoi insediamenti ci è del tutto indifferente, salvo trasformarci in nemici della sopravvivenza di Israele e complici della sua distruzione? Ti leggo, e deduco che ogni nuovo insediamento di coloni è un avamposto della libertà e della democrazia mondiale. Allora 618 nuove case per i coloni a Gerusalemme est non sono forse poche, e sarebbero poche anche quando fossero il doppio? E il governo più di destra della sua storia, come l’ha chiamato Kerry, non è comunque troppo poco di destra, visto che se lo fosse ancora di più tu lo difenderesti a spada tratta? Israele non può essere se non l’espansionismo a oltranza delle colonie? Fra poco avremo da ricordare la guerra dei sei giorni: io e quelli come me allora eravamo oltranzisti palestinisti. Abbiamo avuto molto tempo per ripensarci. Qualcuno di noi inventò una frase sarcastica allora: “Visitate Israele e le sue piramidi”. Ecco, bisognerebbe evitare di regalarle un senso postumo.

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