Roberto Saviano tenta di smontare le bufale sui migranti, ma scivola e ruzzola a terra

Rocco Todero

Con un video editoriale su Repubblica lo scrittore napoletano prova a dare una rappresentazione plastica della grettezza italiana sul tema dei migranti, ma l’impresa si rivela un flop

Con un video editoriale apparso su Repubblica il 27 agosto Roberto Saviano ha provato a smontare le dieci presunte bufale che ammorberebbero il dibattito pubblico sui migranti e che sarebbero amplificate in rete e per ogni dove da italiani gretti, razzisti e ignoranti.

 

Lo scrittore napoletano ha sottolineato, fra le altre cose, come, dati alla mano, i migranti costino al contribuente italiano solo lo 0,2% del PIL (circa 3,3 miliardi) mentre arricchiscano le casse dello Stato per circo 8 miliardi di euro (in pratica ci pagano le pensioni, ha chiosato Saviano), rappresentino appena il 7% della popolazione europea composta da ben cinquecento milioni di abitanti, percepiscano solo 2,5 euro al giorno e non già 35 euro, come in mala fede sarebbe stato detto in più occasioni, atteso che quest’ultima cifra, in realtà, è quanto viene speso (dal contribuente italiano) per vitto, alloggio e pagamento di servizi vari.

 

I migranti nella ricostruzione di Saviano, poi, svolgono lavori che gli italiani non vogliono più realizzare, vengono accolti in alloggi che tutto sono fuorché alberghi comodi e confortevoli e rappresentano l’unica risorsa per contro bilanciare il calo demografico italiano e per riequilibrare il conto complessivo delle pensioni nazionali.

 

Lo scopo della reprimenda è, evidentemente, quella di attribuire esclusivamente al pregiudizio italico l’atteggiamento poco conciliante manifestato da una parte dell’opinione pubblica nei confronti degli sbarchi di migranti e clandestini che negli ultimi due anni hanno tenuto banco nel dibattito politico nazionale ed europeo.

 

Il sottinteso, che Saviano non esplicita ma che rimane impresso nella mente dello spettatore come la cifra principale dell’intervento apparentemente chiarificatore dello scrittore partenopeo, è quello di mettere una parte dell’opinione pubblica italiana di fronte alla propria presunta grettezza, al proprio atavico razzismo, alla propria proverbiale ignoranza. La conclusione risulta inevitabile: state buoni perché così dovete.

 

Saviano, tuttavia, non si avvede come nella foga della tirata d’orecchie alla gente italica abbia messo insieme problematiche del tutto eterogenee sotto l’ombrellone ampio e multiforme della nozione di migranti.

 

I migranti che impegnano lo 0,2% del PIL italiano, infatti, sono evidentemente quelli che ospitiamo per ragioni umanitarie e che non possiamo respingere in ossequio all’effettività della tutela dei diritti umani e del rispetto delle principali convenzioni internazionali che abbiamo sottoscritto.

 

I migranti che ci arricchiscono di ben 8 miliardi di euro, invece, sono quelli che grazie ad un regolare permesso di soggiorno (per lo più per ragioni di lavoro) hanno trovato in Italia una sistemazione definitiva dentro un flusso di immigrazione regolato periodicamente dalla legge dello Stato.

 

Per quale ragione il versamento dei contributi previdenziali da parte di immigrati residenti regolarmente in Italia, che traggono sostentamento dall’attività lavorativa esercitata all’interno del nostro sistema economico, debba diventare un merito, da ascrivere agli stessi immigranti, e da utilizzare (come fa Saviano) per controbilanciare lo sforzo che il contribuente italiano mette in atto per finanziare (anche solo con lo 0,2% del PIL) l’accoglienza di altri e ben diversi migranti, non è dato sapere.
Saviano (come altri commentatori del resto) omette di considerare che il pagamento dei contributi pensionistici da parte degli immigrati regolari non rappresenta una gentile concessione nei confronti delle casse previdenziali italiane e che quanti risiedono regolarmente in Italia pagano tasse e contributi perché viene riconosciuto loro il diritto di godere di tutti i servizi e le previdenze garantite ai cittadini italiani.

 

Il tentativo, pertanto, di mettere in correlazione un flusso di migrazione privo di alcun limite predeterminato da cui derivano costi non indifferenti per lo Stato ed una immigrazione periodica programmata e governata dalla legge, al fine di operare una compensazione di benefici - sacrifici che dovrebbe convincere il contribuente italiano a sopportare migliaia di sbarchi irregolari senza battere ciglio di fronte ad inerzia diplomatica e militare e nella assoluta inconsapevolezza della quantità limite dello sforzo richiesto alle tasche di ciascuno (per quanto tempo e per quanti migranti?), appare un mero espediente dialettico dietro il quale nascondere l’incapacità di dare risposte concrete alle legittime preoccupazioni di una parte dell’opinione pubblica.

 

Allo stesso modo non si comprende la ragione per la quale la necessità di riequilibrare il calo demografico italiano per mezzo di immigrati (che dovrebbero necessariamente vivere del loro lavoro) dovrebbe zittire quanti si pongono legittimi interrogativi circa l’entità dell’impegno economico che ci è stato sin qui richiesto in maniera pressoché esclusiva (anche a causa di quello che sino ad ora è apparso un isolamento internazionale che pare dovrebbe cessare quanto prima) e dal quale derivano in aggiunta complicazioni di sicurezza ed ordine pubblico.

 

Ciò detto, di quale bufala vogliamo parlare adesso?

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