The Razzi show
Il problema non è il selfie con Assad. E’ che la nostra politica estera ha lasciato campo libero agli improvvisatori
C’è un momento in cui la commedia politica italiana, mentre percorre l’accidentato percorso tra l’intrattenimento, lo show e gli affari pubblici, smette di far sorridere. E’ il momento in cui le cose si fanno serie, diventano questioni internazionali, e l’arte politica diventa diplomazia, esperienza, saper stare al mondo, e poi anche Realpolitik, interesse nazionale, perfino l’immagine di un paese. Così, in un Parlamento abitato da cittadini eletti che credono alle sirene e negano l’allunaggio, nel luogo sacro della democrazia che ospita documentari sul complotto delle scie chimiche e dichiarazioni stenografate sull’inside job dell’11 settembre, insomma, in un contesto così, è difficile notare il peggio. Ma il peggio esiste: si nota quando l’attività parlamentare assume la forma dell’avanspettacolo, ed è proprio in quel momento che la popolarità diventa una maschera di Giano, con due facce. Da una parte fa ridere, dall’altra è grottesca, spaventosa, e più di ogni altra cosa: pericolosa.
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- Giulia Pompili
È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.