Aveva un volto bianco e tirato

Alessandro Moscè

Guy Chiappaventi
Tunué, 144 pp., 14,90 euro

Fu una tragedia che sconvolse l’Italia sportiva, emotivamente, e che avvenne in circostanze del tutto casuali, come sul set di un film western. Non riguardò una persona qualunque, ma un giocatore simbolo della Lazio campione d’Italia nel 1974. Biondo tanto da sembrare un nordico: Luciano Re Cecconi. In "Aveva un volto bianco e tirato", Guy Chiappaventi ripercorre meticolosamente il caso. Cosa disse il calciatore entrando in una gioielleria di Roma, quartiere Fleming (via Saverio Nitti)? Inscenò davvero una finta rapina? Non disse nulla? Perché l’orefice sparò a bruciapelo? Lo conosceva? Non lo aveva mai visto, nonostante abitassero a pochi isolati l’uno dall’altro? Perché non venne fatto il processo di secondo grado e ci si fermò alla prima sentenza che assolse Bruno Tabocchini per legittima difesa? Scrive Chiappaventi: “La lobby dei gioiellieri era così forte da poter salvare uno dei suoi che aveva sparato alla persona sbagliata, quando tanti orafi praticamente ogni giorno venivano rapinati e qualche volta ammazzati dai banditi?”. Il 18 gennaio 1977 è una giornata fredda, piovosa. Re Cecconi sta per rientrare in squadra dopo un lungo infortunio. E’ definito “il saggio” dai suoi compagni: semplice, equilibrato, senza vizi. Non ha il porto d’armi. Ha giocato in una formazione che Pier Paolo Pasolini definì “delirante”, capeggiata da un centravanti bizzoso, Giorgio Chinaglia, che si divertiva, con gli altri, a sparare ai lampioni dalla finestra di un albergo, durante i ritiri. Quella compagine si è disciolta in poco tempo, ma Re Cecconi è ancora un personaggio osannato dai suoi tifosi. Guy Chiappaventi ricostruisce la dinamica di quella maledetta sera che lo ha ossessionato da sempre. Un giocatore giovane, bello, ricco e famoso perde la vita. Perché mai avrebbe dovuto fare uno scherzo idiota? Le carte di quel processo sono controverse. Il compagno di squadra Pietro Ghedin, che era con Re Cecconi, non sente nulla a quanto sembra, e neppure un profumiere che accompagna i due. Il gioielliere è provato da agguati avvenuti qualche tempo prima. In una Roma assai pericolosa, negli Anni di piombo, ha già sparato. L’ora tarda, prima di cena, è proprio quella delle rapine. Le ricostruzioni non bastano per spiegare cosa è successo in un budello di negozio confinato in una zona signorile della capitale. Re Cecconi non c’è più da tanto tempo, ma la sua memoria è leggendaria. Chi muore giovane diventa caro agli dèi. Morì un campione, un eroe che da carrozziere nell’hinterland milanese, aveva trovato fortuna come mezz’ala, in serie A, partecipando anche ai Mondiali del 1974. A 28 anni sembrava invincibile, specie quando correva in campo dalla fascia sinistra per spostarsi al centro.

 

AVEVA UN VOLTO BIANCO E TIRATO. IL CASO RE CECCONI
Guy Chiappaventi
Tunué, 144 pp., 14,90 euro

 

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