Jessica Lange e Susan Sarandon nella miniserie Feud

Faida ancestrale

Mariarosa Mancuso

Vecchi segreti mal raccontati. Olivia de Havilland, 101 anni compiuti, porta in giudizio il network FX e lo showrunner Ryan Murphy per la miniserie “Feud”

Charles Dickens frequentò i tribunali come cronista giudiziario, ricavandone storie e intrighi. Lo ha fatto anche Emmanuel Carrère, come testimonia “L’avversario” (l’uomo che fingeva di lavorare al Cern di Ginevra, non si era mai neppure laureato, per non farsi scoprire sterminò la famiglia) e alcune storie raccolte in “È propizio avere ove recarsi”. Parliamo di Inghilterra e di Francia, beninteso: lì non succede che i magistrati scrivano romanzi non solo nel tempo libero, ma anche nell’esercizio delle proprie funzioni. Una passioncella per i verbali da pretura l’aveva anche Piero Chiara: in gioventù aveva fatto il cancelliere, e tutto attorno a lui era Gabriele D’Annunzio (allo scrittore del lago piacevano gli amorazzi del pretore conquistatore con una gamba malmessa: si era fatto costruire un supporto alla giusta distanza dal divano, per sferrare meglio l’attacco).

 

Da romanzo è la causa intentata da Olivia de Havilland contro il network FX e lo showrunner Ryan Murphy. Oggetto del contendere la miniserie “Feud”, faida: racconta i retroscena di “Che fine ha fatto Baby Jane?”, diretto nel 1962 da Robert Aldrich. Le attrici Joan Crawford e Bette Davis erano alla vigilia dei 60 anni, quando a Hollywood per un’attrice restava solo l’horror (oggi non resta neanche l’horror, che massacra adolescenti; gli altri ruoli li acchiappa Meryl Streep). Il regista era reduce dall’insuccesso di “Sodoma e Gomorra”, girato nella Hollywood sul Tevere (con il “Gattopardo” di Luchino Visconti condusse al fallimento la gloriosa Titanus).

  

 

Nella pettegolissima (e molto filologica) ricostruzione, Jessica Lange ha la parte di Joan Crawford e Susan Sarandon ha la parte Bette Davis. A Catherine Zeta-Jones tocca la parte Olivia de Havilland, che nelle otto puntate della serie – antologica, la prossima stagione sarà su Carlo e Diana D’Inghilterra, ci prenotiamo per non vederla – fa la persona informata dei fatti. Rilascia interviste su come andò la faccenda, se capita si lascia scappare qualche malignità.

 

Olivia de Havilland ha compiuto 101 anni il 1° luglio. Per il compleanno ha deciso di regalarsi una denuncia alla Corte Suprema di Los Angeles. Leggerla è perfino più divertente della serie. Sapevamo benissimo che a Hollywood gli odi sono feroci e i pettegolezzi fantasiosi (tra l’altro, per aver letto “Hollywood Babilonia” di Kenneth Anger, regista underground che poi si mise a collezionare storie infami). Non sapevamo come una star, via tribunale, esige riparazione.

 

Ryan Murphy e il network FX sono accusati di “unjust enrichment”, essersi arricchiti indebitamente. Di aver offeso una leggenda vivente e un’eroina di guerra. Forte è il sospetto che lo showrunner considerasse Olivia de Havilland già nel paradiso degli attori (in effetti, mettere in cantiere un progetto del genere senza consultare l’ultima testimone un pochino puzza). Se “leggenda vivente” non fosse abbastanza chiaro, l’avvocato Suzelle Smith esibisce l’allegato numero 1: un link all’enciclopedia Britannica online, che certifica i minuti di applausi e gli spettacoli fatti gratis per tenere alto il morale delle truppe.

Quantificare i danni – morali e materiali, ovvio – non sarà facilissimo. E Olivia de Havilland avverte: “Io so tanti segreti, ma non faccio pettegolezzi”. Peccato sia così abbottonata, potrebbe fare pace con Ryan Murphy e per la terza stagione di “Feud” vendergli i retroscena della sua più che decennale rivalità con la sorella Joan Fontaine. Pure lei attrice, e spesso rivale in amore.