Guerre del pane. Corre il business dei panini meneghini doc

Redazione

Il precursore in questo senso fu, nel 1979, l’abruzzeze Enzo Iannetti, che in corso Garibaldi inaugurò il primo Panino Giusto. Oggi a fare tendenza è invece Panini Durini

Milano, per chi se lo ricorda, è la città che negli anni Ottanta del Novecento diede i natali ai paninari. Tra il mitico bar di piazza del Liberty e piazza San Babila, dove aprì “Burghy”, la prima catena italiana di fast food, nacque, crebbe e proliferò il fenomeno sociale e la moda giovanilistica degli anni 80. Nonché un settore merceologico destinato a modificare i consumi e le abitudini degli italiani. E’ logico, quindi, quindi, che Milano sia oggi anche la capitale delle catene di paninerie. Non parliamo di quelle americane, diffuse in tutto il mondo (oggi sono poi arrivate quelle che vendono pizza o pollo fritto). Ma di quelle assolutamente locali, autoctone, meneghine. Storie di business di successo.

 

Il precursore in questo senso fu, nel 1979, l’abruzzeze Enzo Iannetti, che in corso Garibaldi inaugurò il primo Panino Giusto (dal 2010 il controllo e la gestione sono in mano ad Antonio Civita che nel frattempo è arrivato a 16 esercizi in città, a 6 nel resto d’Italia e ad altri 7 tra Usa, Giappone, Inghilterra e Hong Kong).

 

Ma oggi a fare tendenza, e soprattutto a essere presente ormai a ogni angolo del centro cittadino, è il marchio Panini Durini. Brand relativamente giovane nato nel 2011 nella via che, a due passi da Piazza San Babila, ha ospitato dal 1997 al 2009 anche la sede dell’Inter. In effetti, se si perlustrano le zone canoniche del capoluogo si rischia di sbattere contro una vetrina del progetto lanciato da Stefano Saturnino, già avvocato e architetto, Ilaria Puddu e Alessandro Di Pace – mentre oggi al fianco di Saturnino in azienda c’è Marta Volpi – e che in men che non si dica è arrivato ad avere 15 esercizi sparsi per la città. Un business pianificato, espansivo e che rende, visto che il fatturato è salito dai 5,17 milioni del 2015 ai 6,92 milioni dello scorso anno (balzo del 34 per cento) ma che giocoforza obbliga a investimenti strutturali, al punto che pure i costi sono lievitati (+50 per cento), soprattutto per l’aumento dell’organico (a fine 2016 di 81 persone, costate 2,35 milioni). Per questo, oggi, Panini Durini rende meno (38 mila euro di utili contro i 241 mila del 2015), anche se i soci fondatori non pensano di fermarsi e resettare tutto. Ma semmai di crescere ancora, per fare concorrenza, anche numericamente, al rivale storico, ovvero Panino Giusto, e avviare il progetto di presidio del mercato estero. Il Regno Unito, chissà perché, resta per ora la prima meta di Saturnino & Soci, che poi vogliono coprire anche la dorsale che va da Torino al Veneto. Con l’obiettivo, contemporaneamente, di diversificare l’offerta food visto che il gruppo ha anche altri brand a Milano. Anche perché nel frattempo la concorrenza locale aumenta e seppure specializzata su altri piatti, in particolare gli hamburger, potrebbe farsi sentire. A partire dal progetto Fatto Bene Burger: 6 ormai gli esercizi della catena lanciata alcuni anni fa dall’imprenditore del settore Gianmarco Senna, esponente cittadino della Lega nord e amico di Matteo Salvini, visto spesso nei locali del gruppo. O dal più storico, regge e prospera da una ventina d’anni, California Bakery (altri 6 esercizi nelle zone strategiche del centro città). Una sfida nella sfida, insomma, tra fette di pane, salumi, formaggi, verdure, salse e ricette segrete che si combatte a suon di prezzi e ricavi e che mette di fronte l’antica arte del panino all’italiana contro l’hamburger di stampo americano.

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