L'Università di Cardiff

In Inghilterra si cacciano dalle università le femministe contrarie al gender

Giulio Meotti

"Quello che è stato vero per secoli oggi è eresia"

Roma. Gli studenti di Medicina del King’s College di Londra avevano chiesto a Heather Brunskell-Evans, ricercatrice nella facoltà e portavoce del Women’s Equality Party, di tenere una conferenza su “pornografia e sessualizzazione delle donne”. Ma pochi giorni dopo aver parlato alla radio, la facoltà ha fatto sapere a Brunskell-Evans che l’evento era stato cancellato a causa delle “preoccupazioni” che le sue opinioni sui transessuali avrebbero violato la politica dello “spazio sicuro” in vigore nelle accademie britanniche. L’accademica aveva sostenuto che gli adulti transgender si possono definire “in qualsiasi modo vogliano”, ma che sui bambini serve prudenza: “Se un bambino decide che è un astronauta, ci si può giocare sopra, ma chiaramente il bambino non è un astronauta”.

 

“La vigliaccheria della risposta istituzionale è più che riprovevole”, ha poi detto Brunskell-Evans al Times, sostenendo che le istituzioni accademiche stanno silenziando il dibattito per paura di offendere la comunità transessuale. “Nessuno parlerà. Le brave persone stanno indietro, non fanno niente, come altre vengono messe alla berlina. Le organizzazioni e gli individui sono pietrificati dall’idea di essere viste come portatori di idee che non sostengono in modo inequivocabile la dottrina transgender. E’ davvero scioccante”. Il King’s College di Londra aveva da poco assunto dei “marescialli dello “spazio sicuro” per fare la guardia a eventi universitari cui prendono parte ospiti controversi. Il sindacato studentesco dell’Università ha chiesto a questi “ufficiali”, pagati dodici sterline all’ora, di vigilare su eventi dove esiste un potenziale di offesa per i membri del pubblico.

 

Non è la prima volta che celebri femministe sono messe a tacere nelle università inglesi perché dissentono sulla questione transgender (ne è una madrina Camille Paglia). Germaine Greer, icona del movimento femminista, aveva detto che i trans “non sono donne” e che “il messaggio è che un uomo che si impegna così tanto per diventarlo, sarà una donna migliore di qualcuno che è nato donna”. Era così partita una petizione per cacciare Greer dall’Università di Cardiff.

 

Fino a oggi, la civiltà è progredita attorno all’idea che il sesso biologico fosse definito alla nascita. “Questa è l’eresia ora” ha scritto il direttore del magazine libertario inglese Spiked, Brendan O’Neill. “Non importa che la maggior parte della gente lo creda, o che la società sia stata organizzata su questa base per secoli: dall’oggi al domani è diventato inammissibile. Stiamo coltivando una nuova generazione che si aspetta che ogni proprio istinto sia rispettato istantaneamente e peggio che le infrastrutture sociali, dai bagni alle politiche, si muovano attorno ai loro istinti”.

 

Il mese scorso, un’altra femminista di primo piano si è vista ritirare l’invito all’Università di Cambridge, tra le preoccupazioni che gli attivisti transgender si sarebbero opposti alla sua presenza. Linda Bellos era stata invitata dalla Beard Society al Peterhouse College annunciando che avrebbe “messo in discussione pubblicamente alcune ‘transpolitiche’”. Linda Bellos è una donna, nera, ebrea, lesbica e femminista. Ma per i nuovi standard del politicamente corretto, non basta più. Deve anche essere accondiscendente sui trans. E domani?

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.