Nicolas Maduro (foto LaPresse)

Maduro stravince le regionali in Venezuela. L'opposizione denuncia brogli

Maurizio Stefanini

Si eleggono i governatori delle regioni. L'Osa parla della “più grande frode elettorale nella storia delle Americhe”. Il rischio sono nuove sanzioni e nuovi scontri di piazza

L'opposizione venezuelana, in base agli exit poll, stava già festeggiando la conquista di 15 dei 23 governatori, quando come una doccia fredda il Consiglio nazionale elettorale (Cne) ha invece dichiarato che era stato il blocco chavista ad aggiudicarsi 17 stati contro 5, più un altro in bilico. Per l'opposizione sarebbe comunque un'avanzata rispetto ai 3 governatori che aveva anche se un arretramento rispetto ai due terzi dei seggi presi alle ultime politiche. Ma è evidente che quello governato da Maduro non è un paese in cui si possano fare di queste analisi come se si trattasse una democrazia normale.

     

Già 72 ore prima del voto la Tavola di unità democratica (Mud) aveva presentato una lunga lista di denunce. Prima fra tutte: il modo assolutamente arbitrario con cui il Cne stava modificando l'ubicazione dei centri di votazione, ai danni di oltre 700.000 elettori. Pure assolutamente arbitrario era stato d'altronde il modo in cui il voto era stato rinviato dal dicembre del 2016. Quando poi è stato convocato, si è riferito solo ai governatori, che si troveranno dunque di fronte a Consigli legislativi regionali arbitrariamente prorogati. Per insediarsi, inoltre, secondo Maduro dovrebbero giurare fedeltà a quell'Assemblea nazionale costituente che l'opposizione appunto non riconosce. Ci sono state poi inabilitazioni arbitrarie di candidati e partiti, senza lasciare il tempo di sostituire i nomi già in lista. Militanti del blocco chavista sono stati sorpresi a fingersi esponenti di quella parte dell'opposizione che aveva predicato il boicottaggio. E c'è stato ovviamente un uso massiccio di denaro e media pubblici a favore del governo – ma quella ormai è una cosa cui in Venezuela sono talmente abituati che non scandalizza neanche più.

  

   

Ma tutto ciò, secondo la Mud, non è bastato. Il governo avrebbe direttamente alterato i dati: così come d'altronde era stato denunciato che aveva fatto col voto per la Costituente. Secondo il Cne l'opposizione avrebbe perso gli stati di Miranda, Lara e Amazonas. In compenso conquisterebbe lo stato petrolifero di Zulia, il più popoloso del paese, e quello di Táchira: regione di frontiera con la Colombia teatro di proteste tra le più dure. In tutto il blocco chavista avrebbe ottenuto il 54 per cento dei voti contro il 45 della Mud.

 

Maduro ora tende la mano ai cinque governatori oppositori eletti: in contrasto con i tre del mandato precedente, che furono privati di quasi tutti i poteri e sottoposti a vessazioni continue. E promette anche un riconteggio completo dei voti. L'Organizzazione degli stati americani (Osa) parla però della “più grande frode elettorale nella storia delle Americhe”. “Questi risultati non corrispondono a quelli in nostro possesso”, ha denunciato il capo della campagna della Mud Gerardo Blyde. “Né il Venezuela, né il popolo venezuelano; né il mondo sono disposti a bersi il racconto che stanno cercando di propinarci”. “Loro sanno che non sono maggioranza. Non riconosciamo questi risultati”. Anche Luis Vicente León, presidente di quell'istituto Datanálisis notoriamente vicino all'opposizione, afferma che “la possibilità che questo risultati siano riconosciuti dalla Mud, dalla comunità internazionale e dal venezuelano della strada è molto bassa”.

  

La Mud afferma di avere in mano le prove dei brogli, ma nessuno nel Venezuela di oggi le accoglierebbe. Rispetto a quella parte dell'opposizione che aveva accettato il confronto elettorale, dunque, questa situazione rafforza l'altra strategia che invece punta sulla pressione esterna. Già anche l'Unione Europea sta per varare proprie sanzioni, in aggiunta a quelle già decidse da Usa, Canada e Gruppo di Lima. Nel frattempo il Tribunale Supremo di Giustizia creato dall'Assemblea Nazionale in alternativa a quello di Maduro – e i cui membri sono stati colpiti dalla repressione – si è insediato in esilio presso la sede dell'Osa a Washington. Finanziato con i soldi sequestrati a narcos venezuelani, annuncia inchieste e denunce a tutto campo. Una di queste è partita con un video della destituita Procuratrice Generale Luisa Ortega, che collega Maduro con una tangente della Odebrecht per 35 milioni di dollari. In compenso Maduro ha incassato l'appoggio di Putin, che gli ha concesso una ristrutturazione del debito venezuelano con la Russia: in cambio, si intende, di asset petroliferi e strategici.

  

“È una frode talmente grande che neanche gli stesso chavisti ci credono”, denuncia al Foglio Sadio Garavini di Turno: ex ambasciatore del Venezuela in Guyana, Guatemala e Svezia, membro di un think tank di ex diplomatici chiamato Grupo Ávila e consulente della Commissione Esteri della Assemblea Nazionale. “Ormai il governo ha deciso la propria deriva autocratica in modo definitivo”, è l'opinione che sempre al Foglio esprime Carlos Luna Ramírez: direttore della Scuola di Studi politico-amministrativi della Università centrale del Venezuela e consulente dell’Assemblea nazionale.

    

“Il governo ha compiuto una mega-frode che lo blinda e lo consolida nel potere, ma al costo di perdere la credibilità tanto nazionale quanto internazionale e di elevare il livello di conflitto politico in Venezuela. Quel che successo genera infatti sfiducia nei governi e negli investitori internazionali, rischia di attrarre nuove sanzioni e rischia anche di radicalizzare l'opposizione, nel momento in cui fa venire meno la fiducia nella via elettorale come strumento per dirimere le controversie.  Già il dialogo nella Repubblica Dominicana potrebbe venir meno. Come si fa a dialogare tra un governo che minaccia, perseguita e non rispetta le regole del gioco e un'opposizione che si vede inerme di fronte agli abusi del potere?”.

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