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Il Qatar in testa per la guida dell'Unesco. Accuse di antisemitismo

Giulio Meotti

Il polo dell’islam radicale. Il rapporto del Centro Wiesenthal: "Il suo candidato ha difeso le teorie del complotto ebraico". Israele preoccupata

Roma. Con 19 voti, l’ex ministro della Cultura del Qatar, Hamad bin Abdulaziz al Kawari, si è aggiudicato il primo turno di votazioni per diventare il prossimo capo dell’Unesco, l’agenzia dell’Onu per la cultura. Lo seguono con 13 voti l’ex ministro francese della Cultura, Audrey Azoulay, e con 11 l’egiziana Moushira Khattab. I candidati devono ottenere il 50 per cento dei voti per succedere alla bulgara Irina Bokova (in mancanza del quorum, venerdì si procede a maggioranza). C’è rabbia per la decisione della Francia di presentare un candidato, considerato il “tacito accordo” per cui il paese ospitante non può anche guidare l’agenzia (l’Unesco ha sede a Parigi). Per ora, gli occhi sono puntati sul qatariota.

    

Shimon Samuels, direttore delle relazioni internazionali del Centro Wiesenthal, aveva scritto due volte ad al Kawari quando era ministro della Cultura sulla fiera internazionale del libro di Doha. “Quella fiera era piena di testi antisemiti, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta”, ha detto Samuels. Samuels elencò almeno 35 titoli antisemiti, tra cui i “Protocolli dei Savi di Sion”, il “Mein Kampf” di Hitler e “L’Ebreo Internazionale” di Henry Ford. Nei giorni scorsi il Centro Wiesenthal ha rincarato la dose, accusando al Kawari di aver curato il libro “Jerusalem in the Eyes of the Poets”, firmandone la prefazione. “Gli ebrei controllano i media, i giornali e le case editrici negli Stati Uniti” recita il libro, che cita il negazionista dell’Olocausto e convertito all’islam, Roger Garaudy. Il libro spiega che “Israele è responsabile per la guerra civile in Libano, per la prima e la seconda guerra del Golfo, per l’invasione dell’Iraq e dell’Afghanistan, per il caos in Sudan ed Egitto”. 

    

Nella sua corsa per la guida dell’Unesco, l’agenzia dell’Onu per la cultura, il Qatar deve vedersela con l’opposizione degli Stati Uniti, ma gode del sostegno di molti stati africani, mentre la candidata egiziana è sostenuta dall’Arabia Saudita e dagli Emirati arabi. Dal Centro Wiesenthal, Shimon Samuels ha dichiarato che la campagna acquisti del Qatar ha fatto uso di ingenti incentivi finanziari. Doha, in pratica, starebbe comprando il sostegno di tanti paesi membri. “Hanno distribuito denaro ovunque, soprattutto in Africa”, ha accusato Samuels.

   
Lo scorso maggio, la direttrice dell’Unesco, Irina Bokova, aveva espresso apprezzamento per il sostegno del Qatar con un finanziamento di due milioni di dollari come parte di un impegno da parte del Primo ministro, lo Sceicco Abdullah bin Nasser bin Khalifa al Thani, a donare dieci milioni di dollari all’Unesco. Preoccupati anche gli israeliani, che nell’ultimo anno all’Unesco sono stati colpiti da due risoluzioni antisemite che negavano il legame ebraico con Gerusalemme e Hebron (il Qatar ebbe un ruolo decisivo in quelle risoluzioni). Carmel Shama-Hacohen, ambasciatore d’Israele all’Unesco, ieri ha detto che l’eventuale elezione di al Kawari sarebbe “una cattiva notizia per l’organizzazione e purtroppo anche per Israele”. Tuttavia, Shama-Hacohen ha anche sottolineato che “tutto può succedere”. Irina Bokova ottenne solo sette voti al primo turno. C’è anche la forte preoccupazione che un paese come il Qatar, sponsor del fondamentalismo islamico, possa assumere la direzione di una agenzia i cui tesori, come Palmira, sono stati razziati e devastati dagli islamisti. Di certo, le accuse più che fondate di antisemitismo contribuirono ad affossare la candidatura nel 2011 di un altro importante esponente del mondo arabo-islamico.

  
Farouk Hosni, ex ministro della Cultura egiziano, a domanda di un deputato egiziano preoccupato del fatto che potessero essere introdotti libri israeliani nella gloriosa biblioteca d’Alessandria, aveva risposto: “Bruciamo questi libri; magari li brucerò io stesso davanti a voi”. All’epoca, Elie Wiesel disse: “Farouk Hosni non meritava questo onore”. Oggi lo direbbe anche del Qatar.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.