Mariano Rajoy (foto LaPresse)

La trappola di Rajoy

Eugenio Cau

Madrid attiva l’articolo 155, ma a fuoco lento e si tiene ampio margine per logorare i secessionisti catalani

Roma. Nella politica spagnola degli ultimi dieci anni c’è una sola costante assoluta: chi inizia una guerra di posizione e logoramento con Mariano Rajoy è sicuro di perderla. Per questo, quando martedì sera il governatore catalano Carles Puigdemont ha dichiarato e poi sospeso l’indipendenza dicendo al suo avversario: a te la mossa (ha perfino pubblicato su Instagram la foto di una partita a scacchi, per rendere meglio l’idea), Rajoy si è trovato nel terreno a lui più congeniale. Non in quello degli appelli emotivi o delle complesse strategie politiche, ma nella lotta brutale in cui vince chi è più bravo a incassare. Così la risposta di Rajoy, mercoledì, è stata solo apparentemente di rottura. In via “ufficiale”, il premier ha chiesto al governatore catalano di chiarire se la cerimonia di martedì si qualifica effettivamente come dichiarazione di indipendenza.

 

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In questo modo, Rajoy ha messo in moto il temutissimo articolo 155 della Costituzione, che sospende l’indipendenza della Catalogna e tra i cui passaggi c’è appunto il “requerimiento” del governo al leader della comunità autonoma coinvolta. Sembra un passaggio epocale e una reazione inconsulta, destinata a creare enorme scompiglio, ma in realtà il premier ha scelto attentamente le sue mosse e si è lasciato ampio spazio di manovra per logorare a lungo il suo avversario. Secondo quanto riferito dal premier, Puigdemont ha tempo fino a lunedì per rispondere al “requerimiento” del governo e, nel caso in cui dovesse rispondere che sì, c’è stata una dichiarazione d’indipendenza, ha tempo fino a giovedì prossimo per ritirarla: una settimana intera di logoramento in cui le aziende continueranno a fuggire da Barcellona (le ultime sono state il gruppo Planeta e Axa España) e i separatisti vedranno il sogno repubblicano allontanarsi. Passato giovedì, poi, il premier si tiene un margine di manovra: per applicare le misure coercitive del 155 serve il voto a maggioranza assoluta del Senato (Rajoy la detiene). Ma anche dopo il voto senatorio, dicono i costituzionalisti, il governo non ha nessun obbligo a prendere “tutte le misure necessarie” previste dall’articolo costituzionale. Insomma, Rajoy può prolungare ad libitum la minaccia della sospensione dell’autonomia e aspettare, come sempre, che i suoi nemici si dividano e distruggano tra loro. 

 

E mentre il fronte indipendentista appare frammentato (gli anticapitalisti della Cup hanno abbandonato i lavori al Parlamento di Barcellona finché non ci sarà vera indipendenza, lasciando la coalizione di Puigdemont senza maggioranza), mercoledì Rajoy si è rafforzato a Madrid. Ciudadanos, il partito di Albert Rivera, è da sempre favorevole all’applicazione del 155, e mercoledì il premier ha chiuso un accordo con Pedro Sánchez del Partito socialista, che ha promesso sostegno al governo in cambio di una commissione per riformare la Costituzione spagnola in senso federale. In Parlamento, mercoledì pomeriggio, il discorso di Rajoy ha ottenuto il consenso del 73 per cento dei parlamentari: tutti i partiti tranne Podemos e le formazioni autonomiste.

 

Mercoledì Puigdemont ha chiesto al governo di Madrid un incontro per individuare un mediatore internazionale. Rajoy ha risposto: no, a te la mossa.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.