Militari italiani pattugliano la zona del Colosseo a Roma (foto LaPresse)

Perché l'Italia non è al riparo

Daniele Raineri

Il nostro paese è stato e sarà ancora un obiettivo dello Stato islamico. Sei motivi dettagliati per cui le teorie su un presunto accordo fra i servizi segreti italiani e i terroristi non reggono

Puntuale dopo ogni attentato in Europa si sente dire che “in Italia non ci sono attacchi perché c’è un accordo fra i servizi segreti e i terroristi che possono usare il nostro territorio per passare ma senza fare attentati”. C’è un’altra versione meno saporita e meno intrigante che dice: “I terroristi non fanno attentati da noi perché l’Italia gli serve come punto di transito”.

 

Vediamo:

 

• A marzo quattro bosniaci sono stati arrestati perché preparavano un attentato a Venezia. A dicembre 2016 un italo marocchino è stato arrestato perché preparava un attentato a Sesto San Giovanni. Ad aprile 2016 quattro marocchini sono stati arrestati perché avevano ricevuto la richiesta di fare un attentato a Roma. Sono soltanto esempi recenti, già soltanto questi bastano a screditare la teoria dell'Italia come territorio da non toccare.

 

• In Francia ci sono circa 250 individui tornati dalla guerra in Siria e in Iraq e c’è una lista di soggetti pericolosi che conta quindicimila persone. In Italia i volontari tornati da Iraq e Siria sono 6. Se si considera che per sorvegliare una persona ci vogliono 20 agenti che si alternano e fanno turni a squadre, è facile capire che per ora i francesi – ma lo stesso vale per inglesi e belgi – hanno un problema più grande degli italiani.

 

• Questa generazione di terroristi funziona in modo diverso da quelle precedenti. Spesso non c’è un capo che impartisce ordini, ci sono individui sparsi che diventano fanatici e vanno a colpire. Se non c’è un centro di comando unico, come ci fa a essere una deliberazione di non colpire in Italia?

 

• La propaganda dello Stato islamico continua a indicare l’Italia come bersaglio da attaccare. Hanno minacciato Mattarella e Gentiloni nei video, hanno messo San Pietro sulla copertina della loro rivista, in un filmato prima hanno sgozzato venti ostaggi sulla spiaggia di Sirte e poi il capo del massacro ha puntato il coltello insanguinato in direzione dell'Italia e ha detto che l’obiettivo è Roma. E sono soltanto tre casi, si potrebbe fare un elenco lunghissimo. La propaganda dello Stato islamico è roba solida, se dice che Roma è tra i bersagli da colpire vuol dire che davvero è tra i bersagli da colpire.

 

• Ci sono altri paesi dove i terroristi transitano, eppure sono attaccati. Per loro non vale il patto di non belligeranza? Per esempio passano spesso dalla Turchia e hanno colpito quel paese con attentati gravissimi. E ci sono altri paesi che non sono colpiti. L’Austria per esempio, che ha una robusta comunità di ceceni musulmani.

 

• Lo Stato islamico è un gruppo opportunista. Colpisce dove riesce a colpire, l'importante è proiettare un'immagine di potenza, entusiasmare i supporter e far passare l'immagine di un'Europa vulnerabile. Non ci sono posti al riparo da quest'idea.

 

Si potrebbe andare avanti.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)