Marine Le Pen (foto LaPresse)

Sull'euro il Front National si gioca il suo rilancio politico

Francesco Maselli

Perché il partito di Marine Le Pen sta rivedendo le sue posizioni più estreme e cosa c'è dietro lo scontro tra sovranisti e identitari

La sera del 7 maggio scorso, dopo la sconfitta alle presidenziali, Marine Le Pen si è presentata davanti alle telecamere con aria grave e ha pronunciato un discorso a tratti inaspettato. Ha ammesso di aver commesso degli errori e ha suggerito che il movimento avrebbe dovuto “cambiare tutto”, invocando una “profonda trasformazione”. Da allora nulla è più tabù nell'estrema destra francese, nemmeno il nome, rimesso in discussione perché il marchio Front national “è usurato, non permette di riunire al di là di sé stesso. Siccome creeremo una realtà nuova, bisogna che ci sia un nome nuovo”, ha detto la leader del Front national a France Info. Negli ultimi giorni, dopo il pessimo risultato alle elezioni legislative e le difficoltà a incarnare la vera opposizione a Emmanuel Macron, per ora monopolizzata da Jean Luc Mélenchon, tribuno della sinistra radicale, il cambiamento della linea politica del Front national ha subìto una brusca accelerazione.

   

Stamattina il Figaro ha scritto che il Front national sarebbe “pronto a una marcia indietro spettacolare”: abbandonare le posizioni no euro per abbracciare un atteggiamento più ragionevole, meno “ansiogeno” e dannoso dal punto di vista elettorale. Bernard Monot, il consigliere economico di Marine Le Pen, intervistato dal quotidiano di boulevard Haussmann ha spiegato che “due francesi su tre non hanno condiviso le nostre soluzioni, né nel 2012, né nel 2017. E' uno stallo politico: anche se abbiamo ragione economicamente, dobbiamo mettere il progetto in una scatola e proporre qualcos'altro”.

   

Lo scontro tra sovranisti e identitari

Sullo sfondo i malumori di Florian Philippot, enarca, eurodeputato, braccio destro di Marine Le Pen e mente della dédiabolisation, la conversione del partito da razzista e xenofobo in qualcosa di più presentabile, “patriota” e quindi, appunto, no euro e no Europa. Lo scontro sull'euro non è di questa settimana, ma risale a mesi fa. Durante la campagna elettorale c'è stato un duro braccio di ferro tra la linea sovranista di Philippot e quella identitaria di Marion Maréchal Le Pen, la nipote di Marine che ha appena lasciato la politica, ufficialmente per dedicarsi alla figlia di due anni, ufficiosamente per non prendere parte alla resa dei conti interna ormai difficile da evitare. In campagna Marine Le Pen è riuscita a mediare tra le due anime, ma non ha impedito che la posizione ambigua sull'euro compromettesse la sua elezione: il programma frontista è andato in pezzi durante il dibattito contro Emmanuel Macron, a seguito del mezzo dietro front richiesto dall'alleanza con Nicolas Dupont-Aignan, il leader del movimento “Debout la France” che aveva dichiarato apertamente il proprio voto per il Front national.

Da settimane il clan Philippot è assediato. L'eurodeputato è stato accusato di essere il responsabile della pessima gestione del dibattito, è stato sconfitto nella sua circoscrizione alle legislative, e ha visto i suoi sostenitori nei territori locali duramente contestati; emblematica la rimozione della sua fedelissima Sophie Montel, presidente del gruppo FN al consiglio regionale Bourgogne Franche-Comté, cacciata per contrasti con Marine Le Pen. Dopo aver minacciato di lasciare il partito in caso di cambiamenti alla linea no euro, proprio stamattina ha assicurato che il suo ritiro non è all'ordine del giorno. Intervistato da LCI, ha minimizzato la contestazione interna, portata avanti solo da “tre o quattro responsabili interrogati ovunque”. Marine Le Pen ha però riconosciuto che l'uscita dall'euro è “un ostacolo sul quale dobbiamo riflettere, sia noi che i nostri iscritti”, che verranno consultati. Sulla stessa linea Luois Aliot, vicepresidente del partito e suo compagno, intervistato martedì dal Figaro: “La priorità non è mai stata uscire dall'euro”, ha chiarito.

     

Cambiare l'atteggiamento sull'euro è un'opportunità, ma anche un problema

Rivedere la posizione sull'euro si lega anche alla volontà di riposizionare il partito a destra: la posizione centrale di Macron ha lasciato un grande spazio nell'elettorato nazional popolare, al momento senza riferimenti. Le 75 astensioni del gruppo di centrodestra Les Républicains nel voto all'Assemblea nazionale sulla fiducia al governo Philippe sono un segnale difficile da ignorare per il Front national, che ha da tempo assunto una posizione “né destra né sinistra” ma ha una base di destra radicale che reclama un ritorno alle radici del partito. E' vero, non avere un gruppo all'Assemblea nazionale (il Front national ha 9 deputati, per fare un gruppo ne occorrono 15) è un problema non da poco in termini di visibilità, ma prendere il posto dei gollisti, diventare la destra “rispettabile”, è in questa fase qualcosa di più di una suggestione. La lettera inviata a vari quotidiani dall'ex supplente di Marion Maréchal Le Pen, Hervé de Lépinau, sconfitto di pochissimo alle legislative nel feudo della Var, non è casuale: “L'autostrada dal punto di vista elettorale era sulla nostra destra”, ha scritto, “mentre ci siamo spostati di continuo verso la nostra sinistra, per finire in un vicolo cieco. Il Front national deve restare “né di destra né di sinistra” o rivendicare di essere un partito di destra popolare “attaccato ai valori della libertà d'impresa?”

Il riposizionamento è comunque complesso. Euro o non euro, tutto il messaggio politico lepenista degli ultimi anni si fonda sul ritorno alla sovranità. Sia essa sulla moneta, sui confini, o sulle leggi che regolano le prestazioni sociali. Benissimo mettere in soffitta la Frexit, ma finché il paese resta in Europa non può mettere in atto il programma di “patriottismo economico”, dare la priorità alle aziende nazionali negli appalti pubblici o chiudere le frontiere. Il sovranismo teneva insieme tutto, ed ecco spiegate le fibrillazione nel partito, che deve trovare una nuova identità dopo la sonora sconfitta alle legislative. Tra il secondo turno delle presidenziali e il primo turno delle legislative Marine Le Pen ha perso milioni di voti. E' una situazione inedita per la leader del Front national, che ha finora visto gli elettori aumentare a ogni tornata elettorale. Adesso il suo compito è convincere chi non vota più per il Front national. E soprattutto evitare una scissione prima del prossimo congresso, previsto per l'inizio del 2018.

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