Carro armato israeliano distrutto vicino a Ismailia (Wikimedia)

Cattivo Israele. Il demoralizzatore Lerner riscrive la guerra del 1967

Giulio Meotti

Su Rai 3 il giornalista racconta la “guerra infinita”. Il paradigma è sempre lo stesso: Israele deve mettere rinunciare ruolo di “occupante” se vuole che finisca. Ecco perché sbaglia

È sempre tragico vincere una guerra. Ancora più tragico quando a vincerla è Israele. Questo sembra dire, dietro ogni sorriso, Gad Lerner, che su Rai 3 ha raccontato in cinquanta minuti la “guerra infinita” del 1967. Un dramma politico e umano in cui gli israeliani sono il “cattivo” cui non resterebbe altra scelta tra il suicidio, la fuga o la guerra. Il paradigma è sempre lo stesso: Israele deve mettere fine al proprio ruolo di “occupante” se vuole che finisca la guerra infinita. Nulla sul fatto che nel giugno 1967 non esisteva uno stato di Palestina, che nel 1947 la partizione era stata respinta dal mondo arabo, che i “confini del 1967” erano solo la linea da cui gli arabi avrebbero dovuto riprendere la guerra interrotta, che l’Olp era nato nel 1964 e che, nel settembre 1967, il vertice arabo riunito a Khartoum proclamò: “No alla pace, no al riconoscimento, no al negoziato”.

  

Di questa guerra “infinita”, a Lerner, e meno che meno al suo interlocutore David Grossman, non viene mai in mente di dire qualcosa, tantomeno sull’incessante indottrinamento all’odio da parte palestinese. Il documentario, intervistando uno “storico egiziano”, dà fiato pure all’idea grottesca che Gamal Nasser non volesse davvero attaccare Israele. Lerner dà la parola all’imam Izzedin Elzir, presidente dell’Ucoii, organizzazione islamica che vanta coi Fratelli musulmani una “vicinanza amichevole” (lo ha detto Hamza Piccardo a Repubblica) e che accusa gli israeliani di “terrorizzare e occupare” i palestinesi.

  

Lerner si appoggia a Censored Voices, le trascrizioni dei soldati israeliani che dopo il 1967 raccontarono di esecuzioni di egiziani nel Sinai. Secondo Martin Kramer, arabista e presidente dello Shalem College di Gerusalemme, l’effetto voluto da Censored Voices è quello di “demoralizzare” il sostegno a Israele. Va da sé che Lerner non accenni ai fondi europei dietro al film. Censored Voices è, infatti, prima che una pubblicazione italiana Feltrinelli, una produzione tedesca. Sul New York Times Yossi Klein Halevi ha definito Censored Voices “la narrativa che incolpa Israele”.

   

La guerra dei Sei giorni non è affatto una “ferita”, come intende Lerner, ma ha mutato il corso della storia per il meglio, garantendo la sopravvivenza di Israele e costringendo gli arabi a farci i conti. Il cuore del viaggio di Lerner è Hebron, la città più santa per la tradizione ebraica, seconda a Gerusalemme, e l’unica città palestinese in cui vive una comunità ebraica. Nel video di Lerner non c’è alcun riferimento al fatto che la comunità ebraica di Hebron è stata eliminata da un pogrom nel 1929 e che, nel 1967, gli ebrei sono tornati dove avevano vissuto fino a quel fatto terribile. Lerner non dice neppure che agli ebrei, e solo agli ebrei, è oggi interdetto il 97 per cento di Hebron, mentre le restrizioni per i palestinesi si applicano a una strada, visitata dai giornalisti di tutto il mondo, compreso Lerner. Nessun accenno al fatto che se un ebreo entra in territorio palestinese è immediatamente linciato.

   

Il racconto di Lerner da Hebron è incentrato su Baruch Goldstein, il medico israeliano che nel 1994 trucidò trenta musulmani. Un caso unico nella storia ebraica di Hebron, a fronte di centinaia di attacchi mortali contro gli ebrei in città. Di questi ha reso conto un coraggioso servizio delle Iene da Hebron a firma di Marco Maisano. Lerner termina su una equivalenza morale: le comunità ebraiche che festeggiano la liberazione di Gerusalemme e la piazza palestinese che festeggia Marwan Barghouti, terrorista pluriomicida.

Altro che vittoria “sprecata”. Dal 1967, la popolazione israeliana è cresciuta da 2,6 milioni a 8,38 milioni, compresi due milioni di immigrati, e il prodotto nazionale lordo è cresciuto del 630 per cento. Aspettiamo che la Rai trasmetta la vera storia della guerra del 1967. La guerra, questa sì infinita, per cancellare Israele dalla mappa. Per porre fine alla vera occupazione che i nostri demoralizzatori si rifiutano di vedere. La presenza ebraica in medio oriente.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.