Cina, gara di scrittura a Dalian (foto LaPresse)

Wikibavaglio: quando gli stati autoritari censurano l'Enciclopedia libera

Enrico Cicchetti

La Cina ha in cantiere un progetto online che entro il 2018 dovrà soppiantare Wikipedia. Con il controllo dello stato. Intanto anche la Turchia va alla guerra con la piattaforma

In un editoriale dello scorso luglio, l’Economist ipotizzava che una nuova divisione politica avesse soppiantato la tradizionale faglia destra/sinistra: secondo il settimanale britannico le due grandi posizioni nelle società contemporanee si possono riassumere in “apertura” e “chiusura”. Da una parte ci sono le forze politiche favorevoli al libero scambio e alla globalizzazione e dall'altra quelle isolazioniste e nazionaliste, che alzano muri e dogane. Ma le barriere non sono solo fisiche: la Cina, ad esempio, ha lanciato l’idea della “Grande Muraglia della cultura", una versione online della sua enciclopedia nazionale che entro il 2018 dovrà soppiantare Wikipedia, la più famosa enciclopedia digitale, libera e collaborativa.

Per realizzare il progetto imponente, Pechino assumerà più di 20.000 esperti, che dovranno realizzare 300.000 voci da circa 1.000 parole ciascuna, una lunghezza totale che doppierà quella della gloriosa Enciclopedia britannica. Il tutto con “caratteristiche cinesi", per guidare "il pubblico e la società", come vuole il Partito comunista cinese. A differenza di Wikipedia, che lascia modificare le voci ai volontari, l'Enciclopedia della Cina verrà creata da studiosi selezionati da università statali. "Non è un libro, ma una Grande Muraglia della cultura", ha spiegato Yang Muzhe, l'editor del progetto.

Il South China Morning Post, che questa mattina ha rilanciato per primo il progetto della “Chinapedia”, ricorda che nel paese del dragone Wikipedia è disponibile, ma alcuni dei suoi contenuti sono censurati. Se “la maggior parte delle voci su scienza e tecnologia possono essere lette, una ricerca per parole chiave sensibili come 'Dalai Lama' e 'Xi Jinping' si traduce nella perdita della connessione al server”. Taha Yasser, ricercatore presso l'Internet Institute, ha detto alla Bbc che "molti cinesi usano Wikipedia attraverso consueti strumenti anti-filtraggio e questo è tutt'altro che ideale per uno stato autoritario. La nuova enciclopedia attrarrà più utenti verso i contenuti approvati dallo stato".

 

Ma l'"Enciclopedia libera" non se la passa troppo bene nemmeno in Turchia, dove la scorsa settimana le autorità ne hanno bloccato l'accesso. Il bando, deciso il 29 aprile dall'Autorità turca per le Telecomunicazioni, ha di fatto bloccato l'accesso al sito di Wikipedia con l'accusa di diffondere “calunnie” e condurre una vera e propria "campagna diffamatoria" contro la Turchia. Il tribunale ha disposto il bando del sito dopo che Wikipedia si è rifiutata di rimuovere due pagine in lingua inglese considerate “una minaccia alla sicurezza nazionale”. Oggi la Wikimedia Foundation ha presentato ricorso nei confronti della decisione del tribunale penale di Ankara.

Nel ricorso presentato dall'avvocato Gonenc Gurkaynak, la fondazione sostiene che vietare l'accesso al sito rappresenta un atto contrario alla libertà di espressione e che si tratta di una decisione “sproporzionata”. Il comune di Istanbul ha ritirato l'invito formulato al co-fondatore di Wikipedia, Jimmy Wales, a partecipare al World Cities Expo previsto tra il 15 e il 18 maggio in città.

Nel 2014 anche la Russia aveva annunciato un piano di revisione per creare una versione alternativa della piattaforma, con l'intento di fornire una migliore informazione sul paese.