Libia, combattenti fedeli a Serraj a Sirte

Piano russo a Tripoli

Daniele Raineri

Se le manovre di Mosca in Libia funzionano, le iniziative dell’Italia (vedi Serraj) finiranno in mare

Roma. La Russia ha un piano per la Libia che può essere letto soltanto in un modo: è contro il piano italiano per la Libia sponsorizzato dal governo Gentiloni. Vediamo le mosse dei russi, cominciando dalla più importante. Secondo fonti del sito specializzato Maghreb Confidential, l’ambasciatore russo a Tunisi, Sergei Nikolaev, martedì 14 febbraio ha incontrato Khalifa al Ghwell, che è il leader di quelle forze irregolari che a Tripoli fanno la guerra contro Fayez al Serraj, il capo del governo transitorio tanto sostenuto dall’Italia e dalle Nazioni Unite. La Russia in quell’incontro ha spinto per un’alleanza fra Ghwell e Khalifa Haftar, l’uomo forte che comanda l’est del paese e che ormai è a tutti gli effetti un partner della Russia. Quindi Mosca in questo momento appoggia entrambi i nemici di Serraj, quello più forte a est e quello meno forte però domestico, che lo insidia dentro Tripoli. Il 9 febbraio Ghwell ha fatto sfilare per le strade della capitale la cosiddetta “Guardia nazionale” – la sua nuova milizia – per offrire ai libici una prova di forza contro il governo di Serraj.

Ghwell ha già tentato un paio di golpe minori contro Serraj, a ottobre e a gennaio, e i suoi uomini armati hanno occupato alcuni edifici governativi e l’hotel Rixos, che è diventato il loro quartier generale. Serraj non reagisce, fa finta di nulla e continua a recitare la parte del primo ministro in attesa di una conferma che non arriva mai (ormai aspetta da quasi un anno, perché giunse a Tripoli via mare nel marzo 2016) e si limita a girare al largo dagli edifici controllati dai suoi nemici. Da gennaio, dopo la visita del ministro italiano Marco Minniti, Serraj è il garante di un accordo con l’Italia per frenare l’immigrazione.

 

È possibile che con discrezione l’Italia stia provando a rafforzare la posizione di Serraj. Una settimana prima dell’incontro tra l’ambasciatore russo e Ghwell di martedì 14 febbraio, a Roma è atterrato Haitham al Tajouri, signorotto della guerra di Tripoli che controlla la cosiddetta Brigata rivoluzionaria. Tajouri per ora sta dalla parte di Serraj e all’hotel Ambasciatori Palace nel centro di Roma deve avere ricevuto qualche rassicurazione, perché due giorni dopo i suoi hanno sfilato in un contro-corteo militare per le strade di Tripoli che era inteso come risposta a Ghwell.

 

Se – ma forse sarebbe meglio dire: quando – Ghwell riuscirà a prevalere su Serraj, si correrà verso la quadratura del cerchio che finora in Libia non è riuscita, e i due Khalifa, Haftar e Ghwell, con la benedizione di Mosca avrebbero la possibilità di ricucire assieme i due pezzi del paese, l’est e l’ovest, la Cirenaica e la Tripolitania. In questo momento le due metà sono bloccate in una contrapposizione così forte e si detestano con tale intensità che l’ex ad di Eni, Paolo Scaroni, attento osservatore delle vicende libiche, sostiene che sarebbe meglio se scegliessero la separazione ufficiale, dividessero per sempre le proprie strade e dimenticassero la pretesa di appartenere a un solo paese.

 

Secondo il piano russo, che non si conosce con certezza ma si può ricostruire a grandi linee dalle indiscrezioni che filtrano, Ghwell potrebbe consegnare Tripoli a Haftar e ci sarebbe la chance per arrangiare un nuovo governo unitario, mentre a Serraj toccherebbe una probabile fuga via mare sull’imbarcazione sempre pronta per lui alla fonda dentro la base navale di Abu Sitta, sul lungomare della capitale.

 

Due giorni fa la Russia ha dato un altro segno pubblico di interesse per la Libia. Il capo della compagnia petrolifera controllata dal governo russo Rosneft, Igor Sechin (molto vicino a Vladimir Putin, considerato come un suo vice), ha firmato un accordo con Mustafa Sanalla, capo della Noc, la compagnia del greggio libico. Rosneft s’impegna a comprare una parte del greggio libico – la cui produzione è destinata a salire nei prossimi anni se ci saranno le giuste condizioni di stabilità. Dalla Noc passano i ricavi del petrolio che sono la risorsa più importante della Libia e Sanalla in questi anni ha fatto dei miracoli di equilibrismo per non essere etichettato come di parte, quindi schierato con Serraj oppure con Haftar – ma è chiaro che la Russia punta a un ruolo di primo piano nel futuro del paese. Due giorni fa il sito Sputnik, che è un veicolo della propaganda di stato, titolava: “La Russia sta per riparare quello che l’occidente ha rotto in Libia”.

 

Per ora, come scrive il think tank americano Jamestown Foundation, l’Italia è in modalità attendista. Senza troppa speranza però. Dopo che alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco la settimana scorsa il ministro della Difesa inglese, Michael Fallon, ha detto che “non abbiamo bisogno che l’orso russo pianti i suoi artigli in Libia”, il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, ha risposto: “Cosa c’è sullo stemma dell’Inghilterra? Un leone? C’è un vecchio detto che dice che tutti i leoni sono gatti, ma non tutti i gatti sono leoni. Tutti dovrebbero farsi i fatti loro. Non credo che nel loro zoo ci sia un animale che può dire al nostro orso cosa fare”.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)