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Il capo dell'intelligence italiana costretto a volare via da Tripoli in tutta fretta

Daniele Raineri

Secondo un sito libico, il direttore dei servizi segreti italiani era in Libia per lavorare ai recenti accordi, ma ha rischiato di essere coinvolto negli scontri tra golpisti e fedelissimi del governo

Secondo il sito libico al Marsad, che in arabo vuol dire l’Osservatorio, il direttore dell’intelligence italiana che si occupa di esteri (Aise) ha dovuto lasciare in tutta fretta Tripoli, dove era arrivato questa mattina, per non farsi coinvolgere nel tentativo di colpo di stato delle milizie contro il governo di Fayez al Serraj. Manenti era atterrato a Tripoli all’aeroporto di Mitiga alle dieci di mattina a bordo di un jet non contrassegnato, per una visita non annunciata che segue quella del ministro dell’Interno, Marco Minniti, di lunedì 9 gennaio. Dall’aeroporto Mitiga il capo dell’intelligence italiana è stato trasferito verso il vicino ministero della Difesa assieme con il suo staff e con il generale italiano Paolo Serra che lavora come vice della missione delle Nazioni Unite in Libia, scrive il sito libico. Ma la visita è stata interrotta dagli scontri tra milizie che vogliono rovesciare il governo e le forze speciali fedeli al primo ministro Fayez al Serraj.

 

Manenti doveva probabilmente lavorare all’attuazione degli accordi di sicurezza appena presi tra Italia e il governo al Serraj – accordi che sono stati criticati perché Serraj è troppo debole e non controlla nemmeno la sua capitale. I golpisti hanno approfittato di alcuni fattori concomitanti: l’assenza di Serraj, in viaggio al Cairo per cercare sostegno, l’incontro molto pubblicizzato in un'altra parte della Libia tra il generale Khalifa Haftar, uomo forte di Bengasi, e il capo di stato maggiore Valery Gerasimov, in visita a Tobruk (questa visita suona come una condanna per Serraj) e anche, perché no, del malore del primo ministro italiano, Paolo Gentiloni, che del governo Serraj è stato un grande sponsor nel 2016.

 

Il viaggio pericoloso di Manenti, che ha rischiato di restare nella base occupata dai golpisti, se il resoconto sarà confermato, tradisce la fragilità dell’alleato libico. C’è però da osservare che la settimana scorsa un sito di solito ben informato, Maghreb Confidential, ha raccontato che il generale Haftar, quindi il diretto rivale di Serraj, intrattiene rapporti stretti con Manenti perché spera attraverso di lui di forgiare una relazione funzionale con il governo italiano. E in un’intervista concessa da Haftar al Corriere della Sera il generale dice di ricevere molte visite da un vicedirettore dell’intelligence italiana, che lui considera come un amico.

 


 

Venerdì, dopo la pubblicazione di questo articolo, il presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), Giacomo Stucchi, ha commentato la notizia all'agenzia AdnKronos: "Da informazioni in mio possesso la fonte da cui 'Il Foglio' trae la notizia della fuga da Tripoli di Manenti non è attendibile. Inoltre a me non risulta che ieri, in Libia, ci fosse il capo della nostra intelligence estera". Sulla vicenda il Movimento Cinque Stelle ha chiesto oggi, proprio al Copasir, ulteriori informazioni.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)