(foto LaPresse)

Allarme cyber sicurezza in Europa

David Carretta

L’estone Ansip ha dei consigli (pratici) per contrastare l’azione sovversiva russa nel 2017

Bruxelles. L’Unione europea e i suoi stati membri iniziano ad ammettere l’enorme ritardo accumulato nella sfida con la Russia sulla cybersicurezza, nel momento in cui almeno tre paesi fondatori si preparano a elezioni che, come accaduto negli Stati Uniti, potrebbero essere influenzate dalla propaganda post verità e dagli attacchi informatici organizzati da Mosca per destabilizzare l’ordine occidentale. “Nessuno stato membro, non importa quanto grande o piccolo, è in grado di affrontare le questioni di cybersicurezza da solo”, ha detto il vicepresidente della Commissione responsabile per il Digitale, Andrus Ansip, rispondendo mercoledì a una domanda del Foglio. Quasi dieci anni fa il paese di cui era premier, l’Estonia, fu uno dei primi a essere colpito da un cyberattacco massiccio proveniente dalla Russia. Il 27 aprile 2007, dopo la decisione di spostare una statua alla memoria dei soldati dell’Armata Rossa dal centro di Tallinn verso un cimitero militare, le principali istituzioni estoni furono bersaglio di ripetuti cyberattacchi. Secondo Ansip, il modello che l’Ue dovrebbe adottare è quello che l’Estonia aveva improvvisato dieci anni fa: “La cooperazione tra i diversi servizi e i Cert (Computer Emergency Response Team) permisero di bloccare la maggior parte di questi attacchi ancor prima che attraversassero le nostre frontiere”.

I paesi europei dovrebbero “cooperare” tra loro, facendo lavorare insieme i Cert, e spendere “molto di più” in termini di bilanci militari nella cybersicurezza. La Commissione vorrebbe spendere 1,8 miliardi per la ricerca nella cyber-sicurezza. “Se è chiaro quali tipi di armi stanno usando i cattivi, allora è anche più facile difenderci”, ha detto Ansip. Da novembre, dopo l’elezione di Trump, si sono moltiplicate le messe in guardia pubbliche sulle capacità della Russia di influenzare i processi elettorali nazionali in Europa. La prima è stata Angela Merkel. “Gli attacchi che sono di origine russa” e “le notizie che seminano false informazioni” potrebbero “giocare un ruolo durante la campagna elettorale” in Germania, aveva denunciato la cancelliera due mesi fa. In quegli stessi giorni, il capo del MI5 britannico, Andrew Parker, spiegava al Guardian che la Russia è “al lavoro in Europa e nel Regno Unito” e “sta usando tutti i suoi organi e poteri statali per promuovere la sua politica estera in modo sempre più aggressivo, usando propaganda, spionaggio, sovversione e cyberattacchi”. Anche se lentamente, la consapevolezza si è generalizzata. “E’ chiaro che molte istituzioni in Europa e oltre, e questo include la Commissione europea, sono oggetto di un numero sempre crescente di cyber attacchi da diversi fonti”, ha detto domenica al Ft Julian King, il commissario responsabile della Sicurezza: “Queste minacce sono persistenti, sono aggressive, e sono sempre più pericolose e potenzialmente distruttive”.

La Commissione ha subìto 110 tentativi diversi di hacking nel 2016, con un aumento del 20 per cento rispetto al 2015. L’ultimo attacco è avvenuto a novembre, mentre il leader ucraino, Petro Poroshenko, incontrava i leader europei. La Francia, che tra aprile e giugno voterà per rinnovare presidente e Assemblea nazionale con la leader di estrema destra Marine Le Pen ben piazzata nei sondaggi e ben appoggiata dai russi, si sente particolarmente vulnerabile. “Il rischio che pesa sulla vita democratica è reale”, ha detto il ministro della Difesa, Yves Le Drian, al Journal de Dimanche, spiegando che i servizi francesi sono in contatto con quelli americani. “Non bisogna essere naif”. Ma Le Drian ha rivelato il ritardo accumulato: solo ora la cyber-guerra viene “integrata al dispositivo dottrinale militare”; serve “personale estremamente qualificato e in quantità”; le risorse sono di appena 2 miliardi in sei anni. In Germania, il capo dell’agenzia di intelligence BfV ha proposto di passare al contrattacco. “Pensiamo che sia essenziale non solo agire in difesa, ma essere in grado di attaccare il nemico in modo che smetta di continuare a attaccarci in futuro”, ha detto Hans-Georg Maassen alla Dpa. Per Ansip, che ha vissuto sotto la dittatura comunista, c’è però una linea rossa che le democrazie non devono superare rispondendo alla Russia di Putin: sulle fake news “non c’è facile soluzione”, ma “il ministero della Verità non è la soluzione”. 

Di più su questi argomenti: