Cosa ci fa un ufficiale israeliano nella giungla di Telecom

Ugo Bertone

Per limitare Catteaneo Vivendi può spendere l'avventuroso Amos Genish

Milano. In Brasile si è costruito la fama di re della giungla. Ci voleva uno come Amos Genish, ufficiale della riserva dell’esercito di Israele, per affrontare con successo un’impresa estrema, più sul piano economico che tecnologico. Ovvero quella di connettere città grandi e piccole dello sterminato retroterra carioca, mettendo le premesse del successo di Gvt, la società brasiliana ceduta da Vivendi a Telefonica in cambio di quattrini e delle azioni che hanno consentito a Vincent Bolloré di mettere piede in Telecom Italia.

   

Oggi il tycoon bretone, che si è tenuto ben stretto il manager all’uscita da Gvt, offrendogli l’incarico di “Responsabile della convergenza” tra le varie controllate dell’impero, sembra intenzionato a chiedere a mister Amos, 57 anni, sposato in secondo nozze con una brasiliana conosciuta frequentando un corso di cucina a Parigi, un’ altra impresa: ristabilire l’ordine in Telecom (ora Tim), la provincia affidata a Flavio Cattaneo, leader senz’altro bravo e fortunato, ma forse troppo ambizioso e indipendente per un lupo di mare qual è Bolloré. Bollò è convinto che su una barca come in una società, a comandare alla fine debba essere uno solo. Cioè lui. Si spiega così lo strano balletto che sta accompagnando Telecom verso il cda del 27 luglio, quello che celebrerà il grande progresso dei conti della società leader delle tlc italiane, già premiata in anticipo da Standard & Poor’s, che ha ritoccato all’insù le stime sul gruppo, da “neutrali” a “positive” in vista di una possibile promozione del rating che solo pochi mesi fa sembrava fantascienza.

  

Eppure Cattaneo ce l’ha fatta, nonostante la mole di debiti ereditata dal passato e la concorrenza sempre più aggressiva, sia quella vecchia (Vodafone e l’accoppiata Wind-3) sia il temutissimo sbarco di Free, la compagnia telefonica low cost di Xavier Niel che ha provocato sfracelli sul mercato francese. Ma niente paura, sostengono in coro gli analisti di Mediobanca e di Banca Imi, anche grazie agli investimenti degli ultimi anni, Telecom non teme confronti. Insomma, il vento è girato. Ma la tempesta è sempre in agguato dalle parti dell’ex incumbent dal rapporto irrisolto con la politica. Nelle ultime settimane Cattaneo si è scontrato con intensità crescente con l’esecutivo Gentiloni, complice la decisione di entrare in collisione con Infratel sulla promozione della banda ultralarga nelle aree a fallimento di mercato, aprendo un durissimo contenzioso con il governo, a partire dal ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. Proprio quel che non voleva Vivendi, impegnata in un delicato gioco diplomatico per riaprire la partita Mediaset e ricucire il dialogo con l’Agcom. Cattaneo, insomma, ha rotto le uova nel paniere di Bolloré. Per giunta su un problema secondario agli occhi del patron di Vivendi.

  

Un comportamento che ha suscitato più di un sospetto in Bolloré, che tutto è salvo che ingenuo. Il sospetto che dietro l’apparente conflitto con Open Fiber, la società sostenuta dai soci pubblici, e la Tim di Cattaneo, c’è la voglia di raggiungere un accordo che metta assieme la vecchia rete di rame dell’ex monopolista e il know-how di Metroweb appena acquisita. La fusione tra le due reti, progetto comunque verosimile, rivelato da Business Insider, avrebbe l’effetto di provocare l’ingresso in Telecom di Cdp e di Enel, ovvero due colossi pubblici in grado di ridimensionare il ruolo di Vivendi. A vantaggio dello stesso Cattaneo, oggi frenato dal peso del presidente Arnaud de Puyfontaine, espressione di Vivendi, e domani ago della bilancia tra italiani e francesi. Di qui la scelta di Bolloré di limitare entro precisi steccati l’attivismo dll’ex ad di Rai e di Terna. Monsieur Vincent non può permettersi il lusso di licenziare in tronco un manager di successo nel suo momento migliore. Ma può affiancarlo (cioè spuntargli le unghie) con un direttore generale dotato degli opportuni poteri. Potrebbe essere l’ex presidente Giuseppe Recchi, più “fedele” verso l’azionista, o l’eterno sempre verde Franco Bernabè, che di cero sa muoversi nella giungla Telecom. O meglio ancora Genish, l’israeliano che di giungla se ne intende più di tutti.

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