Alexis Tsipras parla al forum economico di Atene (foto LaPresse)

Il ritorno di Atene

Redazione

Altro che euro-disastro. La Grecia mette i conti in ordine, ora serve un guizzo

Nell’anno in cui l’Europa doveva soccombere e dissolversi, non solo la crescita economica continentale è paragonabile a quella degli Stati Uniti e i partiti populisti sono stati minimizzati, ma la Grecia, un paese sull’“orlo del baratro” da oltre sette anni, è tornata ad avere le finanze in ordine. Così dice la Commissione europea, che nei giorni scorsi ha sollevato Atene dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo.

 

L’economia ellenica è al centro dell’attenzione delle autorità economiche europee e internazionali dal 2009, quando una profonda crisi di bilancio ha mostrato il vero stato delle finanze pubbliche del paese, con il deficit al 15 per cento contro il limite europeo del 3 per cento. Per salvarsi dalla bancarotta, nel maggio 2010, Atene ha chiesto l’accesso a un fondo di salvataggio internazionale in cambio dell’adozione di misure di austerità e di riforme economiche, che hanno portato a raggiungere nel 2016 un surplus di bilancio dello 0,7 per cento. Il sistema bancario è stato puntellato con un fondo di salvataggio nazionale che possiede il 40 per cento della Greek lender National Bank, tornata in utile alla fine dell’anno scorso.

 

La Grecia spera di uscire dal piano di salvataggio, da oltre 80 miliardi, di Europa e Fondo monetario internazionale l’anno prossimo e sta pensando di affacciarsi sui mercati obbligazionari, probabilmente già a partire dai prossimi mesi. Con l’ultima tranche del fondo di salvataggio di 7,7 miliardi di euro, il paese ha abbastanza soldi per pagare i suoi prossimi debiti. Ma essere fuori dalle procedure correttive dell’Unione non significa che Atene possa tornare indietro alla sua gestione dissoluta dei conti: per ottenere gli ultimi fondi, il governo di Alexis Tsipras – che voleva portare il paese fuori dall’euro – ha promesso di gestire solo l’avanzo primario per i decenni a venire, senza toccare il debito che è ancora pari al 175 per cento del pil.

 

Per gli investitori la sostenibilità del debito sarà un test importante. Per questo la Grecia è chiamata a cambiare un approccio finora schizofrenico. Nonostante, anche a detta della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, il paese abbia un enorme potenziale in termini di opportunità di vendita ai privati di vari settori trainanti (finanza, turismo, infrastrutture, energia) il processo di privatizzazione langue, stretto dalle greppie del sistema politico greco, quelle di Syriza in particolare che con una mano sventola il mantra degli investimenti esteri e con l’altra persegue un’agenda contraria alla vendita di asset pubblici. Serve un guizzo.

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