Paul Singer

Non solo il Milan. Tutti gli affari di Elliot, il fondo dietro ai soldi dei cinesi

Ugo Bertone

Chi è Paul Singer, figlio di un droghiere con 2,3 miliardi

Meglio non fare il suo nome se si vuol trattare un centravanti del Boca Junior o del River Plate. Paul Singer, proprietario e grande regista delle manovre di Elliott, cioè l’hedge fund che ha prestato a Li Yonghong i 300 milioni necessari per dare il via all’avventura nel Milan, non è troppo popolare dalle parti di Buenos Aires. E’ stato lui, infatti, il protagonista vittorioso della battaglia dei “Tango bond”, che ha costretto l’Argentina a far fronte ai debiti rimasti insoluti dopo il default del 2001. Sembrava davvero una missione impossibile contro un governo, quello di Cristina Kirchner, l’orientamento di Barack Obama, preoccupato per gli equilibri della polveriera sudamericana, e i precedenti stabiliti dalle banche (quelle italiane in testa) che si erano accontentate di un 30 per cento del credito dei risparmiatori. Ma Singer, che aveva comprato i titoli dai creditori a prezzo di carta straccia, ha ingaggiato un duello all’ultima carta bollata, prima sequestrando una nave di Buenos Aires in Ghana, poi trovando a New York un giudice implacabile, sordo alle esigenze della ragion di stato. Il risultato? La presidente Kirchner nella polvere, un profitto stellare per l’avvocato Singer, figlio di un droghiere di New York, laurea a Rochester dottorato ad Harvard, che oggi controlla un patrimonio di 2,3 miliardi di dollari. Ma l’Argentina è ormai solo un ricordo per quello che, secondo Forbes, è “il più intelligente tra i gestori hedge”. E senz’altro il più attivo.

 

L’operazione Milan, vista dalla cabina di regia di Elliott, è peanuts o poco più. Gli affari del fondo hanno occupato metà della prima pagina del Financial Times di giovedì. C’è lui dietro il pressing degli azionisti contro i vertici di Bhp Billiton, il colosso minerario da 46 miliardi di dollari di cui Singer chiede lo spezzatino e la successiva vendita delle attività petrolifere in Usa, con un potenziale guadagno per i soci di 2 miliardi e mezzo di dollari. Il colosso per ora risponde picche ma Elliott Partners è pronta alla sfida in assemblea. Copione ancor più cruento per la guerra delle vernici, l’olandese Akzo Nobel che rifiuta le avance della britannica Ppg, una fusione da 22 miliardi di dollari caldeggiata da Elliott. Con metodi non ortodossi, accusa la società dei Paesi Bassi, che ha girato al Ft le email contro il presidente fatte circolare tra i soci, pare, dallo stesso Gordon Singer, l’amato figlio gay del miliardario, 73 anni, che fu il primo finanziatore della campagna a favore dei matrimoni gay a New York per amore del figlio omosessuale. E non si esaurisce con il Milan l’attenzione di Singer per il Bel Paese.

 

Per avere un’idea della grinta e della tenacia della squadra di Elliott può servire una visita al sito, in inglese e in giapponese, dedicato ad Ansaldo Sts. “Con l’obiettivo di informare meglio gli azionisti di minoranza riguardo alle azioni – e quelle che Elliott ritiene essere le motivazioni – di Hitachi nel periodo precedente, contestuale e successivo all’offerta pubblica di acquisto promossa su Ansaldo Sts”. Elliott, che ha in mano tra azioni ed opzioni il 29,9 per cent della società, contesta il prezzo concordato con Finmeccanica. Un’operazione, è la denuncia, congeniata per travasare valore da Ansaldo Sts ad Ansaldo Breda a discapito degli azionisti di minoranza. E poi c’è la battaglia, anche qui di lunga data, con Lactalis per spuntare un prezzo migliore su Parmalat. Insomma, un osso duro che può anche cambiar cavallo in corsa: da vecchio repubblicano, già grande finanziatore di Mitt Romney, dopo aver definito Donald Trump “l’uomo che ci porterà alla depressione” Singer è stato accolto in maniera trionfale dal nuovo presidente alla Casa Bianca. Forse perché, come ha detto lo stesso Trump, “Paul ha pagato buna arte delle spese per la cerimonia dell’insediamento”.

 

Ora tocca al soccer, anzi alla cordata in arrivo dalla Cina passando per le Isole Vergini britanniche: 320 milioni di prestito, tra cui 50 di “nuova finanza” per rafforzare la squadra. Un’operazione blindata dalle garanzie rappresentate dalle azioni del club e dalla vigilanza di un manager, Franck Tuil, alla testa del comitato dei creditori. Un ottimo affare visto il tasso di interesse (l’11,5 per cento per 18 mesi) che dovranno versare i compratori cinesi decisi a bruciar le tappe della quotazione del club ad Hong Kong, necessaria per abbassare il costo del deal (590 milioni). Singer è tranquillo: o l’affare procede a dovere. Oppure si ritroverà in mano l controllo di un marchio tra i più prestigiosi. E, chissà, potrebbe pensare di venderlo in Argentina. senza sconti, of course.

Di più su questi argomenti: