Erri De Luca (foto LaPresse)

Ma che schifo di sesso

Mariarosa Mancuso

Altro che Diario di Bridget Jones. La scena erotica peggio riuscita del 2016 l’ha scritta Erri De Luca

Erri De Luca riesce là dove Bridget Jones aveva fallito. Nel 2013 la scrittrice Helen Fielding – mamma della zitellona più famosa della letteratura recente – non riuscì neppure a entrare nella shortlist del Bad Sex Award: il premio che Auberon Waugh (figlio del perfido e divertentissimo scrittore Evelyn Waugh) inventò nel 1993, destinandolo annualmente alla peggiore scena di sesso. “Bridget Jones, un amore di ragazzo” (Rizzoli) non era abbastanza imbarazzante, mancò la candidatura. In effetti si limitava, davanti a una prestazione particolarmente ginnica, a chiedere “Te l’hanno insegnato nell’esercito?”. Erri De Luca è riuscito a farsi candidare – con “Il giorno prima della felicità” – e a trionfare nell’edizione di quest’anno. Morale: se cercate il kitsch vero, inutile perlustrare i romanzi popolari. Lo troverete più facilmente tra chi coltiva un’idea alta e misticheggiante della letteratura.

 

Quel gran genio di Stendhal se la cava – in “Il rosso e il nero” – mettendo un punto e andando a capo: “Qualche ora dopo, quando Julien uscì dalla camera di Madame de Rênal, si sarebbe potuto dire, in stile da romanzo, che non aveva più nulla da desiderare”. Alberto Arbasino sostiene che l’italiano non si presta – fa sempre un po’ dizionario di anatomia – meglio senz’altro l’inglese. Lord Chesterfield, scrivendo nel Settecento a suo figlio, avvertiva che “la posizione è ridicola”. Nulla che possa giustificare un fraseggio come “I sessi pronti, fermi nell’attesa, si appoggiavano appena, ballerini tesi sulle punte” (da “Il giorno prima della felicità”; altrettanto esilarante la traduzione inglese che fa scrivere al Guardian “genital ballet dancers”). Notevole anche “il battito del sangue tra le orecchie e il naso” e “mi spostava a ritmo di risacca”. Non per l’originalità. Perché fa venire in mente i romanzi della serie Harmony – per capirci, “Cinquanta sfumature di grigio” ma senza contratti, fruste, catene e stanza rossa del dolore. Lui era sempre fascinoso e irraggiungibile, lei sempre vergine, un tremendo equivoco ulteriormente li allontanava. Quando finalmente si rotolavano tra le lenzuola era un tripudio di “prorompente virilità” e di fianchi dimenati secondo “un ritmo antico quanto il mondo”. Morale della favola: non sempre c’è un abisso tra la letteratura di serie A e quella di serie Z. A tutti può scappare la mano. Anche Philip Roth fu beccato per uso e abuso di un dildo verde, nel romanzo “L’umiliazione”, puntualmente finito nella short list del Bad Sex Award edizione 2009 (un anno particolarmente ghiotto, con lui c’erano Amos Oz e Nick Cave).

 

Ma basta andare a rileggersi “Il teatro di Sabbath” o “Il lamento di Portnoy” per capire che la défaillance di Philip Roth è momentanea e senile (in questo caso, non esiste viagra letterario che tenga). Non è il caso di Erri De Luca, scrittore e muratore che delle mani callose ha fatto un vanto (e anche dell’attivismo no Tav: le valli alpine devono restare incontaminate, il treno e le gallerie sono demoniache come appaiono nei romanzi di Charles Dickens). Quel fraseggio, lo sfoggia da sempre. Senza mai mostrare un filo di pudore, anzi. Avanza convinto, un passetto dopo l’altro verso il sublime. I classici son classici, e non serve scomodarli qui (Norman Mailer e John Updike si possono però segnalare). Tra i contemporanei, stravince – anche nella delicatissima materia, senza minimamente esporsi al ridicolo – Jonathan Safran Foer con il suo ultimo romanzo “Eccomi!”. Sesso, via messaggini. Brevità e niente fronzoli, sembra aver imparato la lezione da Stendhal.

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