Visitatori al Salone del Mobile (foto LaPresse)

Salone del Mobile, la guida per non perdersi il pezzo del momento

Fabiana Giacomotti

Non si può andare da tutti perché manca il tempo, e in giornate di sciopero mancano anche i taxi per poterlo fare. Ecco come sfuggire all'incubo della "design vibe"

Fermo restando che se ne può più di sentir dire quanto siano bravi questi designer olandesi e prima o poi a Palazzo Turati bisognerà proprio trovare il momento per andare, l’ansia di non vedere abbastanza di questi millecento e rotti eventi del Fuorisalone si è fatta palpabile. Fra un evento e l’altro si fissa ansiosamente l’account Instagram di amici e colleghi cercando di incrociare eventi, fotografie e informazioni senza i quali, per parafrasare una rubrica cara ai lettori del Foglio, stasera non si saprà di che cosa parlare a cena. Il mantra più usato dagli invitatissimi del lifestyle modaiolo “non si può andare proprio da tutti, purtroppo”, che è al tempo stesso un abile sottrarsi a inviti sgraditi e un’affermazione della propria efficacissima e trasversale desiderabilità, è diventato realtà. Non si può andare da tutti perché manca il tempo, e in giornate di sciopero dei mezzi mancano anche i taxi per poterlo fare.

 

Dunque, meglio armarsi di mappa, dividere la città per quartieri (i romani dicono che tutta Milano “sarà grande sì e no come l’Eur, ecchesaràmai”) e segnarsi in anticipo quello di cui si parlerà non solo a cena stasera, ma per tutto l’anno. La moda, generalmente, si può trascurare a meno di non essere affezionati clienti della boutique. Esclusi Armani, Missoni, Frette e Pratesi, insomma signori che oltre a fare moda fanno oggetti per la casa da sempre e talvolta anche in origine (Pratesi si è affidato all’ex direttore creativo di Ferragamo, Massimiliano Giornetti, il risultato è “pulito”, che nel linguaggio della moda significa essenziale e raffinato), gli altri improvvisano: talvolta toccano e superano il trash, con poltrone finto barocche e simil modello Proust di Mendini impestate d’oro. In generale, pur di avere l’opportunità di organizzare un cocktail e godere del passaggio di gente, espongono in vetrina anche uno spazzolino da denti ad acqua (non sto inventando).

 

Brera Design District

 

Nel primo quartiere del Fuorisalone: la mostra-asta di Talisman di Marco Rainò e Barbara Brondi, curatori del programma Inresidence, percorso fra le case di artisti e galleristi della zona, che festeggia dieci anni, e la collettiva Atelier Clerici, a palazzo Clerici (sì, anche via Clerici), dove debutta la Design Academy di Eindhoven che vi ha creato uno studio televisivo interattivo, #TVClerici. In via Palermo 5, espone Interno Italiano, progetto di fabbrica diffusa di Giulio Iacchetti. Pausa pranzo in un altro progetto (sono tutti tali, dite “progetto” e vedrete l’interlocutore illuinarsi d’immenso interesse): We R food: 4 autori reinterpretano i piatti (diciamo storico-meneghini, cioè pesanti), del Rigolo, mensa chic di riferimento del Corriere della Sera.

 

Isola Design District

 

Il quartiere Porta Nuova ha fatto miracoli, tutti vogliono respirare attraverso il polmone verde del Bosco Verticale e cullarsi alla sua ombra. Si parte dunque per il percorso verde a tappe Gereen island/Botanik (isoladesigndistrict.com per informazioni), si approda al Design market di via Pastrengo, dove sono in vendita le creazioni di una trentina di giovani.

 

Ventura Centrale

 

Evviva evviva, le volte a botte degli ex magazzini della Stazione Centrale, imponenti, sono la grande novità del Fuorisalone di quest’anno: accesso da via Ferrante Aporti per vedere la giostra rotante di Lee Broom. Occhiata d’obbligo all’installazione site specific di Luca Nichetto e Ben gortham per Salviati (le installazioni cool sono sempre site specific, cioè fatte apposta per il luogo in questione. Quelle replicabili fanno troppo mostra di Gauguin)

 

5 vie e centro città

 

Il cuore romano e rinascimentale della città ospita una fantastica collettiva a palazzo Litta, Linking Minds. Alla Rinascente, c’è il progetto-installazione surreale di Paola Pivi, “I’m tired of eating fish”, protagonisti giganteschi orsi-scultura (l’orso è l’animale più frequentato dai designer del Salone).

 

Zona Tortona

 

Come sempre, va visto il SuperStudio design show,, al SuperStudio Più e al Superstudio 13, fra via Tortona e via Forcella. L’area si è trasformata negli ultimi trent’anni grazie all’intuizione di Gisella Borioli e Flavio Lucchini che, negli Anni Ottanta, cercavano spazi industriali dismessi per creare il loro headquarter fotografico. E’ giusto partire da loro, che durante i giorni del Salone organizzano anche talk e incontri. Da non perdere, presso Base Milano, negli storici spazi dell’ex Ansaldo, la collettiva di designer che si esercitano sul tema del recupero e gli spazi urbani. Per i romani che dovessero venire a Milano nel week end, un utile memorandum è il progetto di Orizzontale, gruppo di architetti della capitale che riattivano gli scarti urbani. Forse rovisteranno nei cassonetti e andrebbero puniti, chissà, ma la sindaca Virginia Raggi farebbe bene a chiamarli subito. C’è grande lavoro da fare.

 

Lambrate

 

Lo so, ci sono le gallerie di Massimo De Carlo, e fantastici autori che si occupano di temi etici come Bas Timmer con gli Sheltersuit, abiti rifugio per i senzatetto. Ma ai tempi di Alessandro Manzoni Lambrate era un paese a sé ed è stato accorpato alla città di Milano da circa cent’anni. Insomma, per visitarlo bisogna proprio prendersi la giornata.

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