Il pizzino incriminato pubblicato da Repubblica

Il Signor T., Bonifaz. e gli altri eroi della Repubblica dei pizzini

Luciano Capone

Sui quotidiani continua la pubblicazione dei bigliettini, recuperati in discarica, dell'imprenditore Alfredo Romeo. Qualche dubbio su come vengono letti

“Spunta” il nome di Bonifazi, il tesoriere del Pd ed esponente del “Giglio magico” Francesco Bonifazi. L’inchiesta sugli appalti Consip si arricchisce ogni giorno di nuovi elementi, i più rilevanti – almeno per la stampa – sarebbero alcuni bigliettini (subito ribattezzati “pizzini”) recuperati in una discarica e che secondo gli inquirenti apparterrebbero ad Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano arrestato con l’accusa di corruzione. I giornali, in particolare la Verità, la Repubblica e il Fattoquotidiano.it, riportano la notizia del ritrovamento di un bigliettino di Romeo, che era stato strappato e poi recuperato e ricomposto dagli inquirenti: “Uno è ‘Bonifaz’, riferito al tesoriere pd Francesco Bonifazi – scrive La Repubblica – L’altro è ‘Pess’ e indicherebbe l’editore Massimo Pessina, che detiene il 40 per cento del quotidiano L’Unità. Che sarebbe stato favorito negli affari”. La stessa interpretazione degli investigatori viene riportata dalla Verità e dal Fatto quotidiano: i nomi di Bonifazi e Pessina presenti sul “pizzino” dimostrerebbero l’interesse di Romeo per l’ingresso nell’Unità, il giornale di proprietà di Pessina e del Pd, che attraversa un periodo di difficoltà economica.

 

Il pizzino pubblicato da Repubblica

 

Al di là della rilevanza politica e giudiziaria di questa teoria, c’è qualcosa che non torna da tutto questo ragionamento che si sviluppa a partire dal bigliettino strappato, gettato nei rifiuti, recuperato in discarica e ricostruito: a guardare il “pizzino” pubblicato si fa fatica a leggere la parola “Bonifaz.”. La leggono gli investigatori, i pubblici ministeri e i giornali, ma in realtà pare ci sia scritto “BOMI FAR.”. Sembrano due parole staccate, non si vede una Z ed appare improbabile che una persona abbrevi il nome Bonifazi per renderlo poco riconoscibile con “BONIFAZ.”, sia perché non sarebbe un’abbreviazione sia perché sarebbe riconoscibile. Ma se tutti leggono “Bonifaz.” In luogo di “BOMI FAR.” è probabile che sia così, che negli altri ci siano prove che su quei “pizzini” venga utilizzato un linguaggio in codice in cui la M prende il posto della N e la R il posto della Z.

 

D’altronde se gli inquirenti e i giornali hanno dato per scontato che le lettere T. e L. presenti su altri foglietti si riferiscano ad appuntamenti e soldi, dati o promessi, a Tiziano Renzi e Luca Lotti, si può affermare con un grado di minore incertezza che “BOMI FAR.” somigli a “Bonifaz.” e quindi che quella persona sia Bonifazi.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali