Maria Grazia Cutuli a Mogadiscio (foto LaPresse)

La giustizia del generale croato e quella di Maria Grazia Cutuli

Maurizio Crippa

La giornalista del Corriere della Sera è morta della stessa violenza che Slobodan Praljak, come molti altri pazzi oppure lucidi, seminava a grappoli. Hanno avuto la giustizia che ognuno meritava, lo stesso giorno

La notizia, e le immagini, della morte del generale croato Slobodan Praljak – che si è suicidato all’Aja bevendo del veleno mentre il giudice del Tribunale internazionale per la ex Jugoslavia leggeva la conferma della sentenza di colpevolezza per crimini di guerra e la relativa condanna a vent’anni di carcere – ha fatto il giro del mondo e dominava ieri su tutti i siti informativi. E’ una curiosa coincidenza, o forse è una bizzarra carezza del destino, che il suicidio di Praljak, del quale quantomeno possiamo dire che non era una bella persona, sia avvenuto nello stesso giorno in cui in un altro tribunale, a Roma, questa volta una Corte d’Assise, ha emesso un’altra condanna, meno definitiva e barbarica, e ha restituito a Maria Grazia Cutuli una giustizia che non le serve più. O forse le serve eccome. Due afghani, Mamur e Zar Jan, che ora sono in carcere a Kabul, sono stati condannati a 24 anni per l’omicidio della giornalista del Corriere della Sera, uccisa il 19 novembre del 2001 in Afghanistan. Maria Grazia, diversamente da Praljak, era una bella persona. Può testimoniarlo chi l’ha conosciuta anche solo per poco, anche qui al Foglio. E’ morta della stessa violenza che il generale croato, come molti altri pazzi oppure lucidi, seminava a grappoli. Hanno avuto la giustizia che ognuno meritava, lo stesso giorno. Il che non autorizza però a pensare che la Storia sia puntuale.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"