I cardinali Christoph Schönborn e Reinhard Marx (LaPresse)

I vescovi tedeschi tolgono i dubbi al cardinale Müller: "Qui la comunione ai divorziati risposati si darà"

Matteo Matzuzzi

Nello stesso giorno in cui il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede chiede meno casuistica in relazione all'interpretazione di Amoris laetitia, i presuli di Germania si schierano per l'apertura (caso per caso)

Roma. Il dibattito ormai eterno sull’applicazione dell’esortazione Amoris laetitia prosegue, e stavolta la disputa è tutta tedesca, come peraltro appariva chiaro già sul finire dell’estate del 2013, quando Francesco convocò il doppio Sinodo sulla famiglia e le prime reazioni (entusiaste o negative) arrivarono proprio dalla variegata realtà mitteleuropea che più premeva per svolte pastorali in tema di morale familiare. Interrogato dalla rivista Il Timone circa i dubbi che ha sollevato il capitolo ottavo del documento papale, il cardinale prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Müller, fa capire qual è il suo pensiero: “La Amoris laetitia va chiaramente interpretata alla luce di tutta la dottrina della chiesa. Il sacramento della penitenza può accompagnarci verso la comunione sacramentale con Gesù Cristo, ma sono parte essenziale del sacramento della penitenza alcuni atti umani”.

 

E cioè “la contrizione del cuore, il proposito di non peccare più, l’accusa dei peccati e la soddisfazione. Quando manca uno di questi elementi, o il penitente non li accetta, il sacramento non si realizza. Questa – dice Müller – è la dottrina drammatica della chiesa, indipendentemente dal fatto che la gente possa accettarla o meno”. E ancora, “non mi piace, non è corretto che tanti vescovi stiano interpretando Amoris laetitia secondo il loro proprio modo di intendere l’insegnamento del Papa”. Infine, la precisazione che “la Parola di Dio è molto chiara e la chiesa non accetta di secolarizzare il matrimonio. (…) Non è Amoris laetitia che ha provocato una confusa interpretazione, ma alcuni confusi interpreti di essa”.

 

Postilla che appare un po’ diversa dall’intervista televisiva di qualche settimana fa in cui il porporato diceva di non condividere il pubblico dibattito su questioni sì alte e complesse: “Consiglierei – dice ora – anche di non entrare in alcuna casuistica che può facilmente generare malintesi, soprattutto quello per cui se muore l’amore, allora è morto il vincolo del matrimonio”. Ma nelle stesse ore, proprio dalla patria di Müller, arrivava un’interpretazione opposta: la conferenza episcopale locale, guidata dal cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, pubblicava infatti le linee guida sull’interpretazione dell’esortazione post sinodale e la direttrice è opposta a quella indicata dal titolare dell’ex Sant’Uffizio. E prevede il riaccostamento alla comunione dei divorziati risposati. Non per tutti, però, ma caso per caso, in seguito a un “processo di discernimento che va accompagnato da un pastore”.

 

Il principio che viene recepito è che non c’è più spazio né “per alcuna regola generale” né per “alcun automatismo”. Conta, insomma, solo il singolo caso. Si tratta, in sostanza, della soluzione uscita “vittoriosa” dal Sinodo, sviluppata all’interno del circolo minore germanofono guidato dal cardinale austriaco Christoph Schönborn. Amoris laetitia, si legge, “non rimane nel divieto categorico e irreversibile dell’accesso ai sacramenti”. E’ fondamentale che siano rispettate sia la decisione di non ricevere i sacramenti sia “la decisione di riceverli”, ed è necessario, da una parte non essere “troppo lassisti”, dall’altra evitare di “non dare una profonda attenzione nell’accompagnamento, discernimento e integrazione” dei divorziati risposati. Nessuno spazio, infine, per “un atteggiamento rigoristico”.

 

Che poi è la linea del Papa, non solo perché questo è lo spirito che anima Amoris laetitia (cioè il documento che prende atto delle risultanze sinodali e le presenta come posizione ufficiale), ma anche perché è questo che Francesco ha approvato nella lettera inviata mesi fa ai vescovi della regione di Buenos Aires, quando sottolineò che la loro linea aperturista e in sintonia con quella della chiesa tedesca è l’unica possibile: “Non ci sono altre interpretazioni”, scrisse Francesco. 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.