Il cardinale Gerhard Ludwig Müller

Il grande assedio al cardinale Müller

Matteo Matzuzzi
C’è una distanza che viene notata da tutti, in Vaticano, ed è quella che intercorre tra il Papa e il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, il cardinale Gerhard Ludwig Müller. Sant’Uffizio fuori gioco sul Sinodo, le lodi del Papa al “grande teologo” Schönborn.

Roma. C’è una distanza che viene notata da tutti, in Vaticano, ed è quella che intercorre tra il Papa e il prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, il cardinale Gerhard Ludwig Müller. Una freddezza resa palese dall’esclusione del porporato tedesco dalla presentazione dell’esortazione apostolica post sinodale Amoris laetitia, due settimane fa. A chiarire il contenuto dell’atteso e delicato documento, infatti, c’erano – oltre ai coniugi Miano – il cardinale Lorenzo Baldisseri e il cardinale Christoph Schönborn. Il primo in versione notarile, essendo segretario del Sinodo dei vescovi, il secondo incaricato di illustrare il profilo teologico dell’esortazione. Di Müller neppure l’ombra, come per altro era già accaduto nelle due assemblee del 2014 e 2015, quando il grande dibattito non solo mediatico, ma soprattutto interno alla chiesa – come dimostra la serie di pubblicazioni mandate in stampa da sacerdoti, vescovi e cardinali nel passato biennio – verteva proprio sull’interrogativo se a mutare sarebbe stata la dottrina, più che la semplice prassi pastorale.

 

Il fatto è che il cardinale già vescovo di Ratisbona e Francesco hanno linee diametralmente opposte sul tema. Basta confrontare gli scritti di Müller con le parole di Bergoglio, con il primo a richiamare l’esigenza di confermare quei “sani” paletti piantati dalla chiesa nel corso dei secoli, e il Pontefice a mettere nero su bianco che la misericordia va ben oltre la legge e il legalismo, che nulla è precluso all’infinito amore di Dio. Il disaccordo è palese se si prende un passaggio in particolare di Amoris laetitia, il paragrafo 311 del capitolo ottavo, dove si afferma che se “è vero che la misericordia non esclude la giustizia e la verità”, va ribadito con forza che “la misericordia è la pienezza della giustizia e la manifestazione più luminosa della verità di Dio. Pertanto, conviene sempre considerare inadeguata qualsiasi concezione teologica che in ultima analisi metta in dubbio l’onnipotenza stessa di Dio, e in particolare la sua misericordia”. Müller, in un articolo pubblicato alla vigilia del primo Sinodo sul periodico tedesco Tagespost e poi ripreso dall’Osservatore Romano, aveva però sottolineato come “al mistero di Dio appartengono, oltre alla misericordia, anche la santità e la giustizia; se si nascondono questi attributi di Dio e non si prende sul serio la realtà del peccato, non si può nemmeno mediare alle persone la sua misericordia”.

 

 

Doppio binario in Vaticano

 

Più che sull’esortazione in sé, che comunque non vede recepite tutte le indicazioni spedite dall’ex Sant’Uffizio, il problema – fatto notare in Vaticano – è che il prefetto ha un ruolo del tutto marginale nella stesura e nel confronto su atti di così grande rilievo, al punto che più d’uno oltretevere si è spinto a parlare di un possibile – anche se non imminente – cambio alla guida della congregazione, profetizzando pure l’eventualità che il secondo successore di Ratzinger decida di farsi da parte. Che il Papa prediliga un’altra linea lo ha esplicitamente ammesso egli stesso sabato, nella consueta conferenza stampa a bordo dell’aereo papale di ritorno a Roma dal viaggio lampo a Lesbo. Interrogato a proposito di Amoris laetitia e del dubbio circa l’apertura di porte verso i divorziati risposati dal corrispondente a Roma del Wall Street Journal, Fracis X. Rocca, Francesco si è limitato a rimandare alla lettura dell’intervento tenuto dal cardinale Schönborn, “che è un grande teologo. Lui è membro della Congregazione per la Dottrina della fede e conosce bene la dottrina della chiesa”.

 

Si dà il caso che l’arcivescovo di Vienna sia stato il vero “vincitore” del Sinodo, avendo delineato nel circolo minore in lingua tedesca, lo scorso ottobre, la proposta che poi sarebbe stata ripresa pressoché integralmente nell’esortazione papale. Gruppo del quale faceva parte anche Müller, che ha sì dato il via libera al testo – il cardinale Walter Kasper non a caso, al Sinodo ordinario, ha più volte rimarcato, soddisfatto, il placet del prefetto – ma che non ha fatto mai mistero di nutrire dubbi circa l’ambiguità di alcune posizioni in esso contenute. Tutti elementi che trovano spazio nell’ultimo libro di Müller, “Informe sobre la esperanza”, edito in Spagna e prossimamente in Italia da Cantagalli. E dove, tra le altre cose, il porporato tedesco dice che “noi cattolici non abbiamo alcun motivo per festeggiare il 31 ottobre 1517”, cioè la data che ricorda l’avvio della Riforma luterana. Evento che il Papa andrà a celebrare in Svezia, il prossimo 31 ottobre.

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.