Roberto Maria Scarpinato. Foto LaPresse/Guglielmo Mangiapane

Parole e omissioni che tradiscono i supporter della trattativa stato-mafia

Massimo Bordin

Le perle di Scarpinato e Di Matteo dal palco della festa del Fatto Quotidiano

Alcune perle dalle quattro pagine che riassumono quello che il procuratore generale Roberto Maria Scarpinato e il pm Antonino Di Matteo hanno detto dal palco della festa del Fatto Quotidiano. Scarpinato: “Le stragi del 1992-’93 sono un prolungamento della strategia della tensione che, come accertato in varie sentenze, come quella su Bologna, è stata posta in essere nelle fasi storiche in cui si temeva che il Partito comunista potesse arrivare al governo”. Lasciamo perdere l’interpretazione storica che minimizza un evento inaudito per la mafia come la sentenza definitiva del maxi processo. E’ il verbo “accertare” che inquieta, applicato a sentenze che non si citano se non una che in merito non accerta un bel nulla, tanto è vero che manda assolti gli imputati che con quella strategia avevano avuto a che fare. Sullo stesso tema della interpretazione delle sentenze, ancora più indicativo è quel che dice il dottore Di Matteo quando cita la sentenza della Corte d’assise di Firenze nella quale si scrive che il contatto fra il Ros e Vito Ciacimino “oggettivamente provocò in Cosa nostra la consapevolezza che la strategia delle bombe pagasse”. Anche qui, lasciamo perdere l’avverbio, che connota una deduzione e non un accertamento, e lasciamo anche perdere che quella sentenza avesse per oggetto tutt’altro. Basta considerare che quella frase fa dire ai supporter della trattativa stato-mafia che essa è “accertata per sentenza”, omettendo il fatto che tutti i processi, cinque, che sulla questione della trattativa sono arrivati a giudizio, in due casi definitivo, ne negano ogni fondamento in tutte le sentenze di vario grado e assolvono gli imputati.

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