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Dopo 43 anni si chiude il quadro della strage di Brescia

Massimo Bordin

La vicenda aveva trovato già la sua verità storica, condivisa in modo assai largo, sulla matrice politica. Chi sono i due personaggi, molto diversi, condannati ieri 

La sentenza definitiva della Cassazione sulla strage di Piazza della Loggia chiude giudiziariamente una vicenda che aveva trovato già la sua verità storica, condivisa in modo assai largo, sulla matrice politica della strage. Naturalmente, dopo 43 anni, possono restare dei dubbi sul ruolo di singoli personaggi usciti, per assoluzione o morte naturale, dalla vicenda giudiziaria, ma le due condanne definitive appaiono congrue al risultato delle indagini. Sono due personaggi molto diversi. Carlo Maria Maggi, leader veneto di Ordine Nuovo, coinvolto anche nella strage di piazza Fontana, oggi ormai ultra ottantenne, è stato un medico benvoluto nell’isola della Giudecca a Venezia. Curava gratis i poveri e non era un algido teorico. Ricordava piuttosto Ugo Tognazzi, col quale aveva anche una vaga somiglianza, in “Vogliamo i colonnelli”. Un tipo diverso da Maurizio Tramonte, figura obliqua di informatore, partecipe di trame che certo non ha contribuito a sventare. Naturalmente c’è già chi dice che restano in ombra le “complicità di stato” ma forse su questo basta leggere la sentenza della Cassazione del 2014, che, annullando la assoluzione di Tramonte, ricorda come negli anni 70 si fosse “restii a riconoscere la collaborazione dei soggetti privati, estranei agli organismi di polizia giudiziaria, soprattutto in assenza di formali autorizzazioni e di rigida regolamentazione dei limiti di operatività”. E’ il punto chiave di quella stagione di stragi, da Guido Giannettini ad Amos Spiazzi c’è sempre in mezzo un tipo simile, che inguaia i servizi di sicurezza, i quali a loro volta, terrorizzati, mettono toppe peggiori del buco alimentando i peggiori sospetti. C’è da sperare che sia un periodo chiuso.