Una campagna sulla sindrome di Down a Vienna (foto Rafael Robles via Flickr)

I benpensanti difendono i bambini down dai bulli ma non dagli aborti

Giulio Meotti

Da cinque anni in Islanda non nascono figli con la trisomia 21. Quelli a cui è diagnosticata, vengono abortiti

Roma. Sohrab Ahmari sul Wall Street Journal ha preso a esempio l’indignazione collettiva per la presenza sulla tv francese di una ragazzina con la sindrome di Down per legnare il “liberalismo conformista”. Sono i bimbi con la trisomia 21, la più comune disabilità genetica al mondo. Quante volte sulla stampa si è invitato la società a vigilare dopo l’ennesimo “bimbo Down picchiato in classe”? Ma il liberale collettivo difende i bimbi Down dai bulli, ma non dagli aborti eugenetici. Nell’Europa delle pari opportunità e dell’uguaglianza coercitiva, una intera classe di esseri umani è a rischio “sradicamento”. Anzi, la stanno già sradicando da alcuni paesi.

 

C’è un paese dove non nascono bimbi Down da cinque anni: l’Islanda. Un medico islandese, Peter McParland, durante una conferenza al National Maternity Hospital, ha detto che in Islanda “ogni singolo bambino, il cento per cento di quelli a cui è stata diagnosticata la sindrome di Down, sono abortiti”. Infatti, ha continuato, “non ci sono nei cinque anni passati bambini nati con la sindrome di Down”. Benvenuti nel primo paese europeo “Down free”. Questi numeri si devono all’avvento dei “Nipt”, test prenatali non invasivi, una sorta di amniocentesi indolore e non invasiva che va a caccia delle disabilità in una goccia di sangue.

 

Ma si sbaglierebbe a pensare che l’isola nordeuropea, il secondo paese più felice del mondo, sia una insignificante eccezione in questa selezione democratica della specie. Lo Spiegel la scorsa settimana ha dedicato un servizio speciale all’eugenetica. “E’ uno strano contrasto: le persone con la sindrome di Down hanno una forte presenza sui cartelloni pubblicitari e nelle campagne per una maggiore inclusione, mentre ce ne sono sempre meno di loro”, scrive il settimanale tedesco. “In Germania quasi non vengono più al mondo bambini con la trisomia”. Dati terrificanti: nove gravidanze su dieci vengono terminate in presenza di quella anomalia cromosomica. La Zeit ha dedicato uno speciale alla trisomia dal titolo: “Wer darf leben?”. Chi può vivere? Già, chi può?

 

Secondo l’Ufficio federale di statistica in Svizzera meno di novanta persone ogni anno nascono con la trisomia 21. In Danimarca, nel 2015, sono nati appena 31 bambini con quella disabilità e il paese si avvia in dieci anni a farli scomparire. “Ci stiamo avvicinando a una situazione in cui tutti vengono abortiti”, ha detto la presidente delle ostetriche danesi, Lilian Bondo. “Stessa direzione per la Svezia”, come rivela sul giornale Aftonbladet l’esperto di etica medica Nils-Eric Sahlin. Nove gravidanze su dieci in Norvegia vengono abbandonate. In Olanda siamo al 92 per cento del totale, con il ministro della Salute, Edith Schippers, che nei giorni scorsi ha detto che “la società deve accettare” che i bimbi Down scompaiano dalla nostra vista.
El Mundo di qualche giorno fa: “La sindrome di Down sta scomparendo in Spagna”. Appena il cinque per cento dei bimbi trisomici viene al mondo nella penisola iberica. Numeri inesorabili: 306 nati nel 2012, 304 nel 2013, 286 nel 2014, 269 nel 2015. Un quadro che ha spinto il direttore della Fundaciòn Vida, Manuel Cruz, a dire che i bambini Down sono “in pericolo di estinzione”.

 

In Spagna, il numero dei bambini Down è diminuito nell’ultimo quarto di secolo di più del cinquanta per cento.
In Francia siamo al 96 per cento di aborti per i Down. La Fondazione Jérôme Lejeune, che porta il nome del grande medico che scoprì la trisomia ma che non vinse il Nobel per la sua condanna dell’aborto, ha commentato che “la Francia è il paese leader nell’eliminazione dei bambini con trisomia prima della loro nascita”. Come disse una volta Lejeune: “I miei studenti mi chiedevano perché continuassi a lavorare sulla trisomia, dopo tutto i feti potevano essere eliminati. Io vedevo nella trisomia 21 il sintomo di una malattia. Loro il sintomo della morte. Non condanno un membro della mia stirpe”. Purtroppo, Lejeune avrebbe perso la sua eroica battaglia. Ma la presidente della Camera, Laura Boldrini, sempre provvida di battaglie per l’inclusione, oltre al diritto all’onore delle “donne dell’est”, non potrebbe ogni tanto spendersi anche per il diritto alla vita di questi bambini?

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.