Il cardinale George Pell

Il porporato gigante che dice di no

Matteo Matzuzzi

“La dottrina e la pratica pastorale non possono essere in contraddizione. Non si può mantenere l’indissolubilità del matrimonio consentendo ai risposati di ricevere la comunione”, dice George Pell, cardinale settantaduenne di Santa romana chiesa.

Roma. Francesco lo chiama “il mio ranger” e ne loda “la tenacia degna d’un campione di rugby australiano”. In realtà, George Pell, cardinale settantaduenne di Santa romana chiesa, alla palla ovale ha sempre preferito il football. Ha giocato nella squadra del St. Patrick College di Ballart, stava per diventare professionista con il Richmond Football Club, poi è arrivata la chiamata e s’è fatto prete. Alto quasi due metri, imponente, all’inizio dell’anno il Papa preso quasi alla fine del mondo l’ha voluto a Roma, affidandogli – a sorpresa – la palla avvelenata per eccellenza, la macchina delle finanze vaticane. Adesso, a poche settimane dall’apertura del Sinodo straordinario sulla famiglia, prima tappa di un percorso che Francesco ha voluto biennale – solo dopo l’assemblea ordinaria del 2015 sarà infatti pubblicata l’esortazione apostolica papale –, fa sentire la sua voce sulla questione più controversa e divisiva, quella del riaccostamento alla comunione dei divorziati risposati. Lo fa con un libro che, ironia della sorte, ha lo stesso titolo di quello che ospita le tesi di Walter Kasper, il teologo cui il Pontefice affidò l’ouverture del confronto sulla famiglia tra i cardinali (esclusiva mondiale del Foglio, era un rapporto segreto), lo scorso inverno: “Il Vangelo della Famiglia”, in uscita il 1° ottobre per l’editore americano Ignatius Press. Chiara è la posizione di Pell: “La dottrina e la pratica pastorale non possono essere in contraddizione. Non si può mantenere l’indissolubilità del matrimonio consentendo ai risposati di ricevere la comunione”. Quella del cardinale australiano è la voce di uno degli uomini che stanno ai vertici della nuova curia bergogliana. Per lui, Francesco ha creato ex novo la Segreteria per l’Economia, l’organismo che sovrintende a tutte le operazioni che hanno a che fare con i denari d’oltretevere. Lo avevano chiesto, in nome della trasparenza, i cardinali nelle più o meno segrete congregazioni generali che anticiparono l’ultimo Conclave, quasi tutti convinti della necessità di dare una vigorosa sterzata dopo i documenti trafugati dalla scrivania di Benedetto XVI e sbattuti sulle prime pagine dei giornali, stagione di corvi e veleni.

 

Lui a Roma non ci voleva venire, c’ha pensato un po’ come aveva già fatto nel 2010, quando disse no a Joseph Ratzinger che l’aveva messo in cima alla lista dei candidati per assumere l’incarico di prefetto della congregazione per i Vescovi, posto di prestigio e di potere, lasciato vacante dal cardinale Giovanni Battista Re, giunto all’età della pensione. Ma Pell alla fabbrica che crea i pastori da mandare nel mondo, terre di missione escluse, preferì rimanere a Sydney. Anche perché nel frattempo erano iniziate a circolare voci su sue presunte coperture di casi d’abuso sessuale. Qualcuno, memore dei gusti liturgici del porporato, tirò un sospiro di sollievo, temendo che con il ranger australiano a Roma si sarebbero moltiplicati i vescovi conservatori, tradizionalisti o addirittura paralefebvriani ai quattro angoli del pianeta. Dopotutto, spiegava chi aveva già accettato con malcelata perplessità il Summorum Pontificum che autorizzava la celebrazione secondo l’antico messale aggiornato da Giovanni XXIII nel 1962, per farsi un’idea dell’orientamento di Pell bastava dare un’occhiata ad alcune celebrazioni da lui presiedute: cappamagna, manipolo, chiroteche, mitre alte démodé. Amico del mondo tradizionalista, il prossimo ottobre presiederà un pontificale nella chiesa romana della Santissima Trinità dei pellegrini.

 

[**Video_box_2**]Gusti che al Papa delle periferie interessano ben poco. Del ranger apprezza la capacità manageriale e – soprattutto – quella di far rigare dritto i sottoposti. Fino a oggi, il porporato australiano s’era tenuto ai margini della discussione riguardante il Sinodo, impegnato a studiare riforme economiche lassù in cima alla Torre di San Giovanni, nel bel mezzo dei Giardini vaticani. Ora spiega nel suo libro che “quanto prima si capirà che cambiamenti sostanziali nella dottrina e nella pastorale sono impossibili, più la delusione sarà anticipata e dissipata”. Quel che serve, ha aggiunto, è “la riaffermazione della dottrina” e dell’insegnamento tradizionale, in modo da evitare quanto accadde dopo la promulgazione dell’Humanae Vitae di Paolo VI, nel 1968, con Papa Montini che da quel momento e per i suoi ultimi dieci anni di pontificato non avrebbe più scritto alcuna enciclica, dopo che nei primi cinque anni sul Soglio di Pietro ne aveva promulgate ben sei. Il confronto sinodale è benvenuto, ma a giudizio di Pell è necessario per “difendere la tradizione cristiana e cattolica del matrimonio monogamo e indissolubile”. “Inutile e controproducente”, invece, “è concentrarsi troppo sulla questione dei divorziati risposati civilmente. E’ solo la ricerca di una consolazione a breve termine”. Ricerca che proviene da contesti ben precisi: “Le pressioni per un cambiamento sono concentrate soprattutto in alcune chiese europee, dove cala il numero della gente che va in chiesa e aumenta quello dei divorziati che scelgono di non risposarsi. Le comunità in salute non spendono la maggior parte delle loro energie su questioni laterali” e poi c’è da dire che “i divorziati risposati che vorrebbero essere ammessi all’eucaristia sono molto pochi”. Kasper, nelle tesi esposte durante la lunga relazione di taglio teologico, ha invocato la misericordia per concedere al naufrago una zattera per poter salvarsi, il sacramento della penitenza. Pell riconosce il valore della misericordia, “fondamentale quando si parla di matrimonio e sessualità, perdono e santa comunione”. Ma è fondamentale, aggiunge, ribadire che “la misericordia è legata in modo essenziale alla fedeltà, e la verità alla grazia”. E poi, osserva come già aveva fatto su questo giornale il cardinale Carlo Caffarra, “Gesù non ha condannato la donna adultera minacciata di morte per lapidazione, ma non le ha neppure detto di andare avanti con il suo buon lavoro, di continuare senza mutare i suoi modi di fare. Le ha detto di non peccare più”.

 

  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.