Lo sconosciuto a 5 stelle

Ecco il vero Casaleggio

Cristina Giudici

Per trovare Gianroberto Casaleggio, l’ideatore del format digitale che ha dato una parvenza di vita virtuale al Movimento cinque stelle, si deve fare un viaggio circolare, che alla fine riporta sempre allo stesso punto, col dubbio di avere fatto un viaggio nel vuoto. Si parte per provare a delineare una personalità all’apparenza complessa e sfuggente; si arriva, inconsapevolmente, con un pensiero circolare, sempre al punto di partenza, con un senso di vuoto.

    “Nessuno di quelli che parlano del più grande e più importante ideale dell’umanità, crede che esista davvero. Quale strana caratteristica del mondo è mai questa?”.
    (“L’uomo senza qualità” Robert Musil)


    Per trovare Gianroberto Casaleggio, l’ideatore del format digitale che ha dato una parvenza di vita virtuale al Movimento cinque stelle – e che probabilmente da Milano, in questi giorni, sta decidendo chi debba sopravvivere e chi morire tra gli asteroidi della galassia grillina, secondo il classico criterio politico dell’appartenenza e dell’obbedienza – si deve fare un viaggio circolare, che alla fine riporta sempre allo stesso punto, col dubbio di avere fatto un viaggio nel vuoto. Si parte per provare a delineare una personalità all’apparenza complessa e sfuggente; si arriva, inconsapevolmente, con un pensiero circolare, sempre al punto di partenza, con un senso di vuoto. O meglio al medesimo punto interrogativo: chi è costui?

    Chi è l’uomo che nel 2004 ha fondato, con un gruppo ristretto di fedelissimi, la Casaleggio Associati e nel 2005 ha creato la piattaforma del primo meetup, in cui gli attivisti grillini si sono incontrati in rete davanti all’occhio vigile – il suo – e del suo uomo marketing, Maurizio Benzi? Chi è quell’uomo smilzo e taciturno, sempre vestito male a scorno del suo idealtipo di manager impeccabile, in giacca e cravatta, che in una stanza della sua azienda ha allestito uno studio per le trasmissioni de La Cosa, Web tv del M5s? Della sua filosofia apocalittica e un po’ stramba si sa (quasi) tutto. Dagli uffici aerospaziali a forma di uovo che aveva allestito nella società Webegg, prima che venisse destituito dall’incarico di amministratore delegato per i conti in profondo rosso, fino alle profezie contenute nei video “Prometheus” o “Gaia”, in cui si parla della guerra dei due mondi, quello virtuale e quello cartaceo, del nuovo ordine mondiale e di un’umanità non più dolente, dove si avrà un account al posto del passaporto e la memoria si potrà addirittura comprare.

    Una cosa di cui si sa poco, come è noto, molto meno delle sue teorie marziane, è l’entità del business di questo navigato imprenditore. Il bilancio della sua società non rivela nulla, se non un fatturato nel 2011 piuttosto esiguo, 1.399.808 euro con 57.807 euro di perdite. E infatti tutti aspettano la Casaleggio Associati al varco (dovrebbe depositare a breve il bilancio del 2012) per fare chiarezza sulle attuali attività dell’azienda. Così da scoprire se il cliente principale, e molto remunerativo, della Casaleggio sia Beppe Grillo. Sono in molti a voler sapere cosa faccia la Casaleggio Associati e chi siano i suoi clienti, visto che già ora una decina di dipendenti di Casaleggio stanno lavorando a tempo pieno a una piattaforma digitale per far incontrare parlamentari e attivisti del M5s. Chi gestirà i soldi per la comunicazione proveniente dalle entrate dei parlamentari? Sarà la Casaleggio Associati? I due leader smentiscono con veemenza e minacciano querele a chiunque insinui tale sospetto. Anche se però i responsabili per la comunicazione a Montecitorio e a Palazzo Madama li ha selezionati lui, il guru aziendale e pentastellato. Insomma, gli enigmi sono molti e non sono stati sciolti neppure da Milena Gabanelli, che è finita sulla black list solo per aver chiesto quanto guadagna Casaleggio con la pubblicità del blog di Grillo. La risposta irritata di Grillo è stata che il M5s non si finanzia con la pubblicità del blog, ma con donazioni. Anche se la domanda della giornalista di “Report” era lecita, perché è stato proprio Gianroberto Casaleggio a pronunciare un anno fa una frase, che a molti allora sembrò solo una boutade. E cioè che un euro investito nella rete ha un ritorno duplicato. Per ora sappiamo solo che i dipendenti della Casaleggio, fino al 2011 ufficialmente sette, oggi sono il doppio. O forse il triplo, visto che è stato proprio Beppe Grillo a dire durante lo Tsunami tour che Casaleggio è un bravo manager” e ha  “32 fantastici ragazzi”. Una crescita dei dipendenti a doppio servizio quindi, che fa ipotizzare una crescita del volume d’affari anche della società.

    L’altra cosa di cui si sa poco, in fondo il vero enigma, è chi sia davvero quest’uomo, come sia nella sua vita quotidiana, calato nella realtà. Chi è quell’uomo dalla capigliatura folta e riccioluta, fuori da ogni moda da un paio di decenni, che evoca un po’ Angelo Branduardi e un po’ John Lennon, che ha applicato una strategia aziendale a un movimento politico? Ma che per sfuggire alle domande incalzanti dei giornalisti – è accaduto dopo un incontro a Torino con alcuni imprenditori, due mesi fa, ai quali aveva spiegato le idee microeconomiche del M5s – è scappato via correndo attraverso un prato, con uno sguardo spaventato come un cerbiatto in fuga?

    Che lo si attenda in via Morone 6, nel salotto milanese a dieci passi dalla casa di Alessandro Manzoni e a duecentocinquanta dal Teatro alla Scala (nei viaggi circolari si fanno cose strane, tipo contare i propri passi per ingannare l’attesa), o che lo si aspetti davanti alla sua anonima residenza milanese, in zona Fiera; o ancora nei pressi della sua graziosa villetta sulle colline canavesi, a Settimo Vittone, la prospettiva non cambia mai. Innanzitutto Gianroberto Casaleggio, 59 anni, non è mai dove ci si aspetti che sia. Manco fosse il fantasma dell’Opera. O è appena andato via, o sta per arrivare. O qualcuno lo ha appena visto, ma non sa ricordare dove, e soprattutto a che ora, o qualcun altro lo ha appena individuato, ma non ne è tanto sicuro. Così non rimane che seguire le sue tracce, per cercare di ricostruire la vita quotidiana dell’“uomo che non sapeva ridere mai”, come lo definiscono vicini di casa e conoscenti. Conoscenti, perché se qualcuno osa definirsi amico, poi se ne pente subito. Quasi impaurito di tanto azzardo. “No, ecco, amico proprio no. L’amicizia, be’ l’amicizia è un’altra cosa”, spiega per esempio Enrico Groccia, di mestiere elettricista, assessore comunale a Settimo Vittone e figlio di Vito Groccia, con cui il guru del migliore dei mondi possibili, quello impalpabile della rete, condivise una breve esperienza politica nel 2004: si candidò come consigliere comunale con una lista civica ispirata a Forza Italia, “Per Settimo” e prese ben sei (6) voti. Lui, che vive nella frazione di Settimo Vittone, Caney Superiore, dove Casaleggio ha la propria residenza, lo vede ogni tanto, quando torna nella sua sobria villetta a tre piani con piccolo bosco annesso, per passeggiare, riposare, meditare “e magari ha bisogno che faccia qualche lavoretto in casa”, spiega l’elettricista Groccia. Oppure si incontrano per un caffè “ma non mi chieda di cosa parliamo, perché non dirò nulla per rispetto della sua privacy”, aggiunge l’assessore Groccia, alimentando l’aura misteriosa, la sacra privacy, che circonda la figura di Casaleggio. Anche se forse, chissà, non ha niente da raccontare per un semplice motivo: lui non parla (quasi) mai. E infatti il barista che gli ha servito un cappuccino, un sabato mattina in cui Casaleggio avrebbe dovuto essere su, nei suoi boschi, e invece era a Milano, nella via multietnica in cui vive con la famiglia, ha avuto un sussulto, quando ha sentito la sua voce dal timbro baritonale. Dopo venti minuti in cui lui, sua moglie Sabina e il loro bimbo di 7 anni sorseggiavano senza fretta un cappuccino, il guru pentastellato ha pronunciato un monosillabo: “No”. Suo figlio aveva cominciato ad arrotolare le tende per giocare. Al paterno divieto, si è seduto ed è rimasto immobile. Immobile, come il padre, che il giorno prima, o una settimana prima, nessuno ricorda esattamente quando, era stato venti minuti in piedi, all’angolo, di fronte a casa, prima di decidere di attraversare la strada. “Scrutava qualcosa, non so cosa”, racconta un vicino, con l’aria di uno che sta rivelando un segreto inconfessabile. “A un certo punto mi sono preoccupato. Ho pensato che non stesse bene, poi ha mosso la testa e ho pensato: meno male, respira”. Chissà se “l’uomo che non parla mai”, a meno che si trovi a suo agio, come pare, all’interno del suo cerchio magico, fra i suoi fedelissimi collaboratori, e che invece pubblicamente si esprime con video-messaggi aziendali, sa di essere l’inconsapevole protagonista di un’opera buffa. O immagina di essere descritto da tutti, proprio tutti, nello stesso modo: “Parla poco, non ti guarda mai negli occhi e poi, improvvisamente, interrompe il discorso, ti volta le spalle e se ne va”, ricorda Mauro Cioni, ex project manager di Casaleggio alla Webegg. Uno dei suoi tanto citati e studiati comandamenti aziendali è sempre stato quello di “creare un team”, dove lui fosse primus inter pares. Una testa, un voto, tanto per usare il lessico familiare grillino. “E ti incoraggiava a scrivergli una e-mail se avevi bisogno di parlargli. Peccato che poi non rispondesse mai”, ricorda un altro collaboratore. Nessuno invece è riuscito ancora a dimenticare le e-mail a rima baciata che inviava Sabina Del Monego, oggi sua moglie, che all’alba del terzo millennio lavorava nell’ufficio per la comunicazione interna della Webegg e aveva la passione per le poesie. E poi è riuscita a scrivere qualche favola per bambini. Avvenente, estroversa, la descrivono tutti come una persona molto gioviale. Quella che riempie i puntini di sospensione nei discorsi che lui non riesce a concludere con gli estranei. Sabina, 48 anni, si descrive così in una breve bio, pubblicata in una raccolta di favole in cui c’era anche la sua, “Il sogno del papavero” (in cui si narra della danza in un campo fra un papavero e un fiordaliso azzurro): “Nata a Milano nel 1965, di origini venete. Da programmatore software in ambiente Vax/VMS Digital a redattore di procedure per il Sistema Qualità ISO 9001 e quindi, con l’avvento di Internet, a web-content-factotum. Vale a dire: fare un po’ di tutto per quanto riguarda i contenuti del Web. Ultima formazione seguita con passione: master Web Content Manager all’Ateneo Multimediale di Milano. Scrive favole per bambini (e non) e dipinge, rintanata nei boschi all’imbocco della Valle d’Aosta”. Non proprio il risvolto di copertina di una sognante letterata. E senza dire, ovviamente, che quei boschi si trovano a Settimo Vittone, finché i giornalisti non lo hanno scoperto e a un incontro con gli imprenditori Gianroberto Casaleggio, l’uomo che camminava rasente ai muri pur di difendere la sua privacy, ha sbottato, contrariato: “Ormai sapete tutti dove vivo”.

    Peccato però che quando si arriva dove vive, o meglio dove ha la residenza, ci siano solo due contadini che raccolgono il fieno. E, alla domanda se il numero civico sia quello giusto, alzano le spalle e rispondono: “E chi lo sa”. Allora, constatato che fuori dai cancelli c’è un cartello stradale in cui si vieta di far rumore, perché è ovvio che a Caney Superiore, sulla stretta via provinciale che porta su verso la montagna, davanti alla casa di Casaleggio, diversamente organizzerebbero dei rave party, si torna allo stesso punto di prima. A cercare le tracce del suo passaggio, giù in paese, a Settimo Vittone. Il sindaco, l’architetto Sabrina Noro, ci tiene a dire che quando c’è stato il maltempo, con esondazione di fiumi e torrenti, si aspettava almeno una sua chiamata, che non è mai arrivata. “Come se non facesse parte della nostra comunità”, osserva piccata. E’ una ragazza appassionata di agonismo podistico, e si lamenta perché Casaleggio ha impedito a un gruppo di giovani di fare la Marcialonga, poiché in una parte del tracciato il sentiero passava per la sua proprietà. Nel piccolo mondo antico del Casaleggio boschivo, i problemi sono i sentieri e le mulattiere che passano vicino alla sua casa. Così anche la signora Eralda, proprietaria della trattoria Serena, nella frazione di Torre Daniele, dove Casaleggio ha pranzato una volta con una coppia di conoscenti, è dispiaciuta perché voleva tornare nel bosco in cui andava da giovane con sua madre, ma appena ha messo piede sulla mulattiera, lui è sbucato da non si sa dove per dirle che di lì non poteva passare nessuno, perché era proprietà privata e lei, a malincuore, ha dovuto fare dietrofront. Liberi, si cammina solo nel Web. E siccome successivamente ha rivelato il piatto che lui aveva consumato a Pasquetta, “riso e formaggio”, alla sua trattoria non è più tornato.

    Anche se poi nel viaggio circolare si scopre che lui in trattoria non ci va mai. Nella sua casa milanese, ordina la pizza a domicilio dal ristoratore egiziano. Nella sede della Casaleggio Associati, nel quadrilatero degli affari, ordina insalata e formaggio per lui e per il suo team dal bar Piccolo, che poi consuma con i suoi collaboratori nella cucina aziendale. Uscire, mai. E a Settimo Vittone, a parte qualche sporadica uscita, abolita ora che teme di essere inseguito dai giornalisti, la spesa la fa Sabina, al Conad. Vegetariano, il menù di Casaleggio è quasi un paradigma del suo modo di vivere, minimalista e tristanzuolo, come le sue poche frasi pronunciate, che nessuno riesce a ricordare.

    “Insalata, sì insalata” mi pare, dice un imprenditore che recentemente lo ha incontrato. “Qualche volta persino la frutta”, si sbilancia un’altra ristoratrice del Piccolo bar, in via Morone dove ci sono le foto dei personaggi famosi passati di lì, da Piero Chiambretti al direttore del Corrierone, Ferruccio De Bortoli. “Per me ha il braccino corto”, osserva il proprietario di un altro bar di via Morone. “Ai suoi ragazzi dava tre euro per ogni pranzo e qui ha smesso di fare ordinazioni quando abbiamo aumentato il prezzo delle insalate”. E chissà se è vero, o se lo dice solo perché ha perso un illustre cliente.

    Allora si ritorna di nuovo su, verso i boschi, per vedere se è tornato a casa. “Se ha parcheggiato la sua Volvo rossa di fronte alla casa, c’è, altrimenti no”, spiegano i vicini che, interpellati, non ricordano di aver mai parlato con lui. O meglio non ricordano che lui li abbia mai salutati. Per il suo ex compagno di lista civica, Angelo Canale Clapetto, sindaco per trent’anni a Quincinetto, comune limitrofo di Settimo Vittone, “è una persona gradevole, sa molte cose, anche se pare diffidente, schivo. Una volta mi ha invitato a bere un caffè a casa sua”. Apperò. “La casa? Sobria, moderna, elegante. Di cosa abbiamo parlato? Del più e del meno”. Del più e del meno. Rispondono tutti così. Indipendentemente dalla simpatia o dall’antipatia che provano verso questo personaggio misterioso, il cui obiettivo, oltre al marketing virale e alla gestione piramidale del M5s, è nascondersi agli occhi del mondo. E infatti la sua massima disponibilità verso la comunità canavese, che in teoria poteva votarlo, nel 2004, quando si candidò per entrare in consiglio comunale, fu “di sedersi al bar a leggere i giornali. E rimanerci per qualche ora”. Come osserva, divertita, la proprietaria dell’unico chiosco di giornali di Settimo Vittone, dove lui ha smesso di andare dopo che suo figlio ha confessato a un giornalista che ebbene sì, Casaleggio veniva qui a comprare il Corriere della Sera. Roba forte, insomma. Lei, socievole, loquace, ricorda tutte le volte in cui per anni è riuscita a intavolare un discorso con lui e altri clienti, cercando di fare un po’ di salotto. “Per capire cosa pensava, si doveva procedere per esclusioni. Perciò ho capito cosa non è, solo il giorno in cui è entrato un leghista e lui ha manifestato contrarietà alle sue idee, ma giuro che non ho mai capito cosa pensi davvero”. Ci prova, a capirlo: “Lui pronunciava frasi sul tempo, sui sentieri più belli da percorrere, sull’Italia che andava verso lo sfascio, ma non entrava mai nello specifico. Così sono arrivata alla conclusione che forse non ascoltava mai ciò che dicevamo. O forse noi parlavamo, sperando di intercettare i suoi pensieri, e invece era lui a intercettare i nostri. Insomma stava sempre sulle nubi”, osserva l’edicolante, come se il suo passaggio avesse anticipato un addensamento atmosferico, mai un raggio di sole. “A proposito come sono i bambini milanesi?, chiede. “Disciplinati? Obbedienti?”.  “Be’, veramente…”. “No, le faccio questa domanda perché il suo bimbo entrava e chiedeva magari due bustine dei Gormiti, ma non faceva mai un capriccio, mai una richiesta di troppo. Insomma sembrava quasi un adulto”.

    Obbediente, riservato, come Davide, il figlio maggiore, socio della Casaleggio Associati, che vive a Ivrea con la sua fidanzata Paola, ragazza atletica che punta a entrare nel Guinness dei primati percorrendo in bicicletta 30 mila chilometri intorno al mondo in 145 giorni. L’unica della famiglia, pare, a non avere paura del mondo, visto che ha addirittura un sito web attraverso il quale si potrà seguire il suo giro intorno al globo, dal prossimo ottobre. A differenza del riservato Davide che ha sì un profilo Facebook, con una foto in copertina di un faro e un mare agitato, ma che è invece riservato ai suoi soli amici. E a comunicare, pare, anche con la madre inglese, che Casaleggio ha sposato a vent’anni, dopo averla conosciuta all’Olivetti: Elisabeth Clare Birks, che ha un profilo su Twitter, ma criptato, e una cerchia molto esclusiva di follower: 35.

    L’ossessione per la privacy di Casaleggio è tale che, all’inizio, quando cominciò a gestire il movimento di Grillo, girava una sua biografia in rete in cui suo figlio maggiore era segnalato come un fratello, e lui non fece nulla per smentirlo. Ora, dei video “Gaia” e “Prometheus”, dove si ricorre addirittura al terzo occhio per sostenere le tesi fantascientifiche di Casaleggio, si è detto e ribadito. Delle sue letture anche, dai romanzi di Philip K. Dick a tutto ciò che è stato scritto su Gengis Khan, l’imperatore mongolo di cui è devoto ammiratore, fino al manuale di marketing aziendale “Prosperare sul caos” di Tom Peters. Ciò che invece non si sa, invece, è se nel suo ufficio abbia appeso tutti gli articoli che parlano di lui, come pure dice qualcuno. Magari solo per invidia. Si sa che lui teorizza la trasparenza e l’uguaglianza, ma è molto assertivo, addirittura incapace di prendere in considerazione un’idea diversa dalla sua. “Il suo motto? Un dubbio, nessun dubbio”, come spiegano quelli che sono stati accompagnati alla porta girevole per uscire dal M5s.

    Esistono due foto, però, in cui Gianroberto Casaleggio sorride. Una, mani sulla spalle di Christian, il giovane barista di via Morone, appesa sui muri del Piccolo bar. Christian adora Casaleggio, sebbene non sappia spiegare bene perché. E ci tiene a sottolineare che la foto l’ha voluta fare proprio lui, Gianroberto, per far capire che è meno cupo e ombroso di quanto si percepisca o si immagini. E poi c’è un’altra immagine di diversi anni fa, scattata ai tempi delle convention aziendali della Webegg, nel 2001. Quando si facevano le feste con i comici, alle quali hanno partecipato anche Enrico Bertolino e Luciana Littizzetto, e c’era persino una squadra di calcio aziendale. Insomma, in questa foto lui ha gli occhi socchiusi e tiene il palmo della sua mano teso sulla testa calva dello psicologo aziendale che veniva usato come filtro per le assunzioni. Tipo “la Forza sia con te!”. Certo, potrebbe essere l’istantanea di un momento goliardico, e persino autoironico, del guru pentastellato. Se non fosse per l’espressione sconcertata e gli occhi sbarrati del suo adepto che viene tenuto a battesimo. E così si torna di nuovo sotto casa sua, per chiudere il cerchio, dove sua moglie porta suo figlio a scuola ogni mattina in bicicletta o in taxi, e sta meditando col marito di cambiare casa per non essere più inseguita dai giornalisti. Qui non si parla di Grillo o della democrazia digitale, non ci si interroga sulla casta o sui modi di redimerla, ma ci si pone un unico dilemma: “Era lui o non era lui che stamattina è sceso in cortile per buttare via la spazzatura?”.