Di un paese lontanissimo

Luis Antonio Tagle, un Wojtyla delle Filippine per rilanciare la chiesa

Paolo Rodari

Dice il vaticanista americano John Allen che se il pontificato di Benedetto XVI fosse finito “naturalmente” sarebbe stato meno probabile un Conclave rivoluzionario. Mentre la rottura della consuetudine voluta da Joseph Ratzinger con le dimissioni potrebbe spingere i cardinali a osare, a decidersi per candidati “che portino la chiesa ad abbracciare un nuovo inizio”. A ben vedere sono molte le affinità con il secondo Conclave del 1978, quello che portò a sparigliare le carte e all’elezione dopo 445 anni di un Pontefice non italiano.

    Dice il vaticanista americano John Allen che se il pontificato di Benedetto XVI fosse finito “naturalmente” sarebbe stato meno probabile un Conclave rivoluzionario. Mentre la rottura della consuetudine voluta da Joseph Ratzinger con le dimissioni potrebbe spingere i cardinali a osare, a decidersi per candidati “che portino la chiesa ad abbracciare un nuovo inizio”. A ben vedere sono molte le affinità con il secondo Conclave del 1978, quello che portò a sparigliare le carte e all’elezione dopo 445 anni di un Pontefice non italiano. Oggi, dopo i quasi otto anni di sostanziale continuità di Benedetto XVI, esistono spinte perché i conclavisti trovino candidati lontani, personalità rappresentanti di chiese anche periferiche ma capaci di guidare la chiesa in un nuovo inizio. E che un cambiamento sia necessario, lo ha esplicitamente ribadito proprio Benedetto XVI ieri, nell’omelia solenne delle Ceneri, quando, commentando un passo della scrittura, ha detto parole taglienti sulle divisioni della chiesa: “Il profeta, infine, si sofferma sulla preghiera dei sacerdoti, i quali, con le lacrime agli occhi, si rivolgono a Dio dicendo: ‘Non esporre la tua eredità al ludibrio e alla derisione delle genti. Perché si dovrebbe dire fra i popoli: Dov’è il loro Dio?. (v. 17). Questa preghiera ci fa riflettere sull’importanza della testimonianza di fede e di vita cristiana di ciascuno di noi e delle nostre comunità per manifestare il volto della chiesa e come questo volto venga, a volte, deturpato. Penso in particolare alle colpe contro l’unità della chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale”.

    Trovare il pastore adatto per uscire da questa situazione è urgente. Oggi come trentaquattro anni e mezzo fa, con l’elezione di Giovanni Paolo II. Fra gli outsider c’è senza dubbio il filippino Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, 56 anni il prossimo giugno, cardinale con addirittura due anni in meno di quanti ne aveva Karol Wojtyla quando il 16 ottobre 1978 fu eletto. Scrive di lui la Reuters: “Ha il carisma di Giovanni Paolo II e insieme la statura teologica di Benedetto XVI che non a caso l’ha voluto nella commissione teologica internazionale”. (segue dalla prima pagina)
     Non solo, è stato lo stesso Ratzinger a volerlo cardinale durante il suo ultimo concistoro e a soffermarsi, dopo l’imposizione della berretta cardinalizia nella basilica vaticana, a conversare qualche minuto con lui sussurrandogli nell’orecchio di avere “coraggio” mentre il neo porporato non riusciva a non piangere commosso.

    Di certo c’è che Tagle è a capo di una delle diocesi più influenti del continente asiatico con i suoi quasi tre milioni di fedeli. Scrive il giornale online linkiesta.it: “E’ conosciuto per le sue posizioni a favore di una chiesa meno clericale, più umile e più severa nei confronti dei preti pedofili. E’ poi uno strenuo difensore dei diritti dei più deboli e dell’ambiente. In Québec nel 2008 si era fatto notare per aver denunciato quanti avevano ‘sacrificato l’unico Dio in nome del profitto, del prestigio, del piacere o del potere’”.

    Di lui è sempre John Allen a dire: “E’ a tutti gli effetti ‘a new papal contender.’ Un numero impressionante di persone, infatti, crede che questo ‘ragazzo’ un giorno sarà Papa”. E ancora: “E’ un comunicatore di talento, ricercato speaker sui media. Un commentatore filippino ha detto recentemente che Tagle ha dimostrato di avere ‘la mente di un teologo, l’anima di un musicista e il cuore di un pastore’”.

    Amato da Ratzinger, Tagle ha una formazione teologica particolare. Dopo essere stato allievo del teologo Joseph Komonchak della Catholic University of America, egli ha fatto parte della squadra di ricercatori che ruotano attorno ad Alberto Melloni e al suo maestro Giuseppe Alberigo, entrambi discepoli e successori di don Giuseppe Dossetti e della cosiddetta “scuola di Bologna” che nel volume dedicato alla storia del Concilio (e offerto in dono a Benedetto XVI che l’ha accettato) hanno interpretato la stessa assise conciliare come rottura e come un nuovo inizio. Dice Sandro Magister  che “nel IV volume di questa storia, pubblicato nel 1999 e dedicato al turbolento periodo conciliare dell’autunno 1964, è proprio Tagle a firmare il capitolo chiave, quello dedicato alla ‘tempesta di novembre: la settimana nera’”.

    Quando Tagle è stato scelto da Ratzinger per la porpora, il suo maestro Komonchak, che fra l’altro è curatore dell’edizione americana della storia del Vaticano II della scuola di Bologna, ne ha dedotto compiaciuto che l’aver collaborato a tale storia “non è più un motivo bastante per essere considerati ‘persona non grata’ in Vaticano”. Il Philippine Daily Inquirer ha invece scritto che il legame di Tagle con la progressista scuola di Bologna “rende la sua nomina ancora più intrigante”, poiché Benedetto XVI “è conosciuto per le sue vedute conservatrici in dottrina”. Scrive chiesa.it: “Lo strano è che i cardinali e i vescovi che in Vaticano hanno soppesato la candidatura di Tagle hanno saputo di questo suo legame con la scuola di Bologna solo dopo la pubblicazione della nomina. Infatti, nella solitamente ponderosa documentazione informativa – la cosiddetta ‘ponenza’ – a loro consegnata su ciascun candidato, questo aspetto della biografia di Tagle, effettivamente ‘intrigante’ ed ecclesiasticamente di grande peso, era del tutto taciuto”. Ma al di là delle perplessità interne, la realtà è un’altra. E cioè che fedeli filippini credono in Tagle. “Tutti noi filippini vorremmo un filippino al soglio pontificio”, ha detto ieri padre Francis Lucas, capo della commissione per i mass media della chiesa cattolica di Manila.